MA/DONNE CHALLENGE FOR PEACE 2025
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Ma/Donne 2025, rassegna di arte contemporanea inizialmente organizzata intorno all’8 marzo, Giornata internazionale dei diritti della donna, quest’anno si estende per ben tre mesi: apre i battenti a Torino, allo spazio La Via Lattea fin dal 7 febbraio; prosegue a Biella alla Galleria Silvy Bassanese Arte contemporanea, allo spazio F’Art a L’Aquila, entrambe con vernissage sabato 8 marzo; a Sordevolo a Villa Cernigliaro la domenica 9 marzo. La Via Lattea Art Studio presenta tre mostre personali che esplorano linguaggi contemporanei e visioni innovative.
Ideato dall’artista Roberta Toscano, lo Spazio è ormai un punto di riferimento per l’arte contemporanea a Torino e inaugura quest’anno la rassegna Ma/Donne. Challenge for Peace 2025, un progetto che collega tre spazi indipendenti e una galleria storica tra Torino, il Biellese e L’Aquila, e che promuove un dialogo tra territori, curatori e artisti.
Il programma articolato attraversa linguaggi e sensibilità diverse; la rassegna punta a essere non solo una celebrazione dell'arte, ma anche uno spazio di riflessione e confronto sulle questioni di genere, identità e creatività all’interno di un processo di pace.
PROGRAMMA
La mostra Perturbazioni di Cristina Ghetti apre la rassegna diffusa di arte contemporanea
7 > 17 febbraio
CRISTINA GHETTI
PERTURBAZIONI
Argentina, operante a Valencia, Cristina Ghetti propone una mostra curata da Carlotta Cernigliaro e Paola Zorzi. L’artista partendo da ripetizioni lineari e radiali dipinte su di una superficie piana introduce delle perturbazioni creando campi percettivi instabili e mobili. Attraverso geometrie astratte e arte analogica, l’esposizione sfida la percezione visiva e invita a riflettere sulla complessità del nostro tempo.
Durante la sua permanenza a Torino, Cristina Ghetti realizzerà nello spazio della Via lattea un'installazione site specific in feltro. La sua azione sarà visibile dal 4 febbraio dalle vetrine di via Peyron 17/f.
Seguiranno le mostre
22 > 30 marzo
PAOLA CORDISCHI
KAOS
L’artista romana, curata di Enrica Benedetto, esplora con opere dense e simboliche il rapporto tra caos e creatività, ponendo interrogativi sul ruolo dell’arte in un mondo in continua trasformazione. Paola Cordischi si dedica con intensità alla realizzazione di un linguaggio astratto, forte di cromatismi, ma con forme essenziali.
4 > 14 aprile
CINZIA CECCARELLI
TUTTO SI COMPIE IN UNA LENTA APOCALISSE
L’artista torinese, con la curatela di Simonetta Pavanello e Togaci, ci accompagna in un viaggio tra futuro e cambiamento. Manipolazioni digitali e immagini evocative costruiscono un racconto visionario sui destini dell’umanità.
Tre mostre, tre artiste, tre sguardi unici sull’arte contemporanea.
La Via Lattea Art Studio: un luogo dove scoprire insieme nuovi linguaggi e prospettive creative.
In allegato le immagini delle opere di Cristina Ghezzi:
"liberated lines series", papier manipulé, mesures variables 2025
"Soft structures" feutre manipulé, 2024 mesures variables
Per orari opening e info: This email address is being protected from spambots. You need JavaScript enabled to view it.
MA/DONNE
CHALLENGE FOR PEACE 2025
La guerra è un affare da uomini, ma le donne ne pagano il prezzo più alto, sono spesso le vittime principali dei conflitti, subendo violenza, sfollamento e vedendo le loro esistenze distrutte. Le voci delle donne sono la nostra forza contro la guerra, possono mobilitare i territori, influenzare i leader e favorire l’organizzazione di un movimento globale per la pace.
Artiste e curatrici lavorano insieme per presentare un programma articolato e dettagliato di mostre e interventi dal vivo per costruire un dialogo critico tra arte e società sul tema della pace, ideale apparentemente semplice, ma intrinsecamente fragile, sempre minacciato dalle forze economiche in atto.
LA SFIDA ALLE RESTRIZIONI PERCETTIVE DI CRISTINA GHETTI
Il suo lavoro esplora i confini tra percezione e realtà nel creare opere che prendono vita nel momento in cui le osserviamo spostandoci nello spazio o fissandole da posizione statica. A volte crea l'illusione di spazi desolati, come paesaggi post apocalittici, in altre crea geometrie che suscitano un senso di disorientamento e instabilità quasi come una rappresentazione visiva di una società in crisi, e ancora crea vortici ipnotici e travolgenti di una ragione che perde il controllo. Ad esempio, in alcune opere usa la carta per creare forme geometriche che sembrano fluttuare nello spazio, come frammenti di un mondo distopico.
Cristina Ghetti usa forme semplici per creare illusioni ottiche che mettono alla prova la nostra percezione della realtà, forme che si compongono, si fondono e si trasformano costantemente, linee rette o curvilineari di diversa materia per creare un senso di movimento e un ritmo altamente coinvolgente. Le sue opere giocano con le nostre aspettative, spingendoci a mettere in discussione ciò che vediamo.
Proviamo un senso di piacevole inquietudine quando scopriamo i suoi lavori connotati da eleganza formale e complessità, come se ci trovassimo in un mondo familiare che però improvvisamente si trasforma. La sua capacità di innovare nell'ambito dell'arte cinetica e ottica, di creare un ponte tra arte e scienza introducendo nuove tecniche e concetti matematici e scientifici, conferendole una dimensione intellettuale affascinante, traghetta la Op Art nel contemporaneo con le sue attuali preoccupazioni sulla tecnologia, la realtà virtuale e la natura della percezione.
Coglie eredità artistiche, ad esempio di: Victor Vasarely, uno dei pionieri dell'Op Art, per l'uso di pattern geometrici e illusioni ottiche; Bridget Riley, figura di spicco nell'Op Art, per il senso di movimento e vibrazione, per le geometrie complesse e dinamiche; Jesús Rafael Soto, artista cinetico venezuelano, per le sue sculture che sembrano muoversi nello spazio; Carlos Cruz-Diez, altro esponente dell'arte cinetica, per l’interazione tra opera e spettatore.
Viene inoltre naturale pensare ad affinità con altri artisti contemporanei quali: Sol LeWitt, con le sue strutture modulari e i suoi wall drawings; Agnes Martin, con le sue tele caratterizzate da sottili linee grigie e campiture monocrome che creano un senso di calma e di infinito, simile ad alcune opere di Ghetti; con artisti che giocano con la percezione come Anish Kapoor, le sue sculture monumentali e le sue installazioni creano distorsioni dello spazio; l’artista giapponese Ryoji Ikeda che utilizza la luce, il suono e il video per creare installazioni immersive e interattive.
Ora è importante sottolineare l'originalità di Cristina Ghetti; inserita in una tradizione ben definita, la sua opera presenta elementi distintivi importanti come l’approccio più concettuale alla creazione artistica.
Si prova una felice destabilizzazione nell’osservare le sue composizioni perché ci mettono nella condizione di provare il superamento delle nostre aspettative percettive: questo ci fa sentire immediatamente più capaci e competenti, in grado di affrontare obiettivi irraggiungibili, ci dà un grande senso di soddisfazione e soprattutto ci regala una sorpresa visiva. Questa reazione porta con sé un'ondata di emozioni positive, come la gioia, l'entusiasmo e la gratitudine.
Allora grazie alle opere di Cristina Ghetti possiamo cogliere l’opportunità di espandere i nostri limiti, ampliare gli orizzonti, abbattere confini e scoprire nuove potenzialità.
Come sempre la ricerca artistica rappresenta un'esperienza profondamente gratificante che ci
permette di crescere come persone e di affrontare la vita con una maggiore apertura mentale.
Carlotta Cernigliaro, Sordevolo gennaio 2025
PERTURBAZIONI
di Paola Zorzi
Di origine argentina, dopo aver vissuto per un certo periodo in Francia, Cristina Ghetti si stabilisce a Valencia dove attualmente vive e lavora. Un percorso artistico che non tradisce una consolidata tradizione sia argentina che del Sud America nel campo dell'astrazione geometrica e che, già a partire dagli anni Quaranta, ha vantato personalità, movimenti e più in generale realtà culturali d'avanguardia nell'ambito delle arti visive, della letteratura e della musica. Il tutto sorretto da un importante e solido retroterra teorico. A questo proposito basti ricordare manifesti quali quello del movimento Madi, gruppi come Arte Concreto Créacion di cui il principale promotore è stato Tomàs Maldonado, riviste quali Arturo, prima rivista di arte non figurativa del Sud America, alla quale collaborarono oltre ai fondatori (Carmelo Arden Quin, Kosice e Bayley) personalità quali Joaquín Torres-Garcia, Murilio Mendes, Veira de Silva, Hui-dobro e altri. La prima mostra MADI e relativa lettura del manifesto si terrà a Buenos Aires nel 1946 al College Français d'Études Supérieures, sempre in quell'anno Lucio Fontana teorizzerà Lo Spazialismo attraverso il Manifesto Blanco.
Tutta questa introduzione per render conto di un periodo eccezionale "un luogo privilegiato com'è Buenos Aires durante la II guerra mondiale piena di artisti e scrittori giovani e forte della loro energia... punto d'incontro delle linee vitali del Sud America..."(1).
In seguito molti di quei protagonisti si trasferiranno in Europa, soprattutto in Francia, Spagna ma anche in Italia. Nel frattempo in Europa i Gruppi artistici d'avanguardia dalla metà del secolo scorso e in particolare dagli anni Sessanta porteranno avanti ricerche legate sia ai nuovi materiali e tecnologie che alla psicologia dei processi visivi. Sono infatti proprio i cosiddetti gruppi artistici degli anni Sessanta ad approfondire tutto quell'ambito legato alla visione, alla psicologia dei processi visivi e alla percezione. Un processo in cui il pubblico, il fruitore, risulta percettivamente tenuto ad interagire attivamente con l'opera d'arte che gli si pone di fronte.
L'astrazione geometrica non è, come molti credono, il luogo rassicurante in cui seguendo determinate regole tutto perviene ad una soluzione scontata. Tutto questo appartiene al passato. Nell'arte contemporanea, così come per la scienza, non è più possibile non tener conto dell'osservatore, del suo punto di vista, della sua percezione.
Già Gonciarova, artista rivoluzionaria russa d'inizio del secolo scorso, pur definendosi costruttivista e con il compagno Rodčenko aspirando alla precisione con opere che a loro dire sarebbero state realizzate con l'ausilio di compasso e filo di piombo, affermava "Non ci lasceremo guidare dalla matematica..." .
Non è infatti per nulla superfluo prendere in considerazione la supervisione umana, il suo contestualizzare il tutto con le tematiche vigenti, l'attribuire un significato e interpretazione ai meri dati numerici, il trovare il giusto ruolo motivazionale ad una tecnologia sempre più avanzata le cui conseguenze sono un'arma a doppio taglio e richiedono assunzione di responsabilità.
E, in tal senso, fondamentali per l'artista sono state anche altre due figure artistiche, forse meno note ma la cui prassi nel fare arte risulta essere di estremo interesse e correttezza: l'artista brasiliana Ligia Clark (1920 Belo Horizonte, Minas Gerais, Brasile - 1988 Rio de Janeiro) e l'artista venezuelana Gertrud Louise Goldshmidt detta Gego (1912 Amburgo, Germania - 1994 Caracas, Venezuela). La prima, sovente collegata al Movimento Costruttivista Brasiliano della seconda metà del secolo scorso e al Tropicalia Movement, fu cofondatrice con altri artisti brasiliani del Neo-Concrete Movement (1959-1961), nota altresì per le sue opere multiplane e manipolabili (che prevedevano cioè l'intervento del pubblico).
La seconda, Gego, conosciuta per le sue sculture geometriche e cinetiche, di famiglia ebraica, dopo aver conseguito in Germania la laurea in architettura e ingegneria, con l'ascesa del nazismo fu privata della nazionalità tedesca e costretta a lasciare il paese. Nel 1939 trasferitasi in Venezuela trovò lavoro e nel 1952 ottenne la cittadinanza.
Ed è esattamente in questo contesto che si inseriscono le opere di Cristina Ghetti.
L'artista partendo da ripetizioni lineari e radiali dipinte su di una superficie piana introduce delle perturbazioni dotate di una loro coerenza che vanno a sommarsi alla ridondanza formale della composizione creando campi percettivi instabili e mobili. E' a quel punto che il fruitore si trova di fronte ad un ambiente visuale immersivo, virtuale, come nelle opere di Vasarely, i moirés di Biasi e Costa o alle opere optical di Riley, Wilding e Gego.
Ma il superamento della superficie piana non si realizza solo ed esclusivamente su di un piano percettivo, i tagli inferti alla tela in alcune opere, così come già per Fontana o nelle opere di Kobro (PL), Mirella Forlivesi (artista MADI), Biasi e Costa (Gruppo N), Ligia Clark... tendono al superamento della superficie piana per estendersi ad una tridimensionalità ricca di ulteriori potenzialità spaziali, formali, percettive e metaforiche. Si tratta inoltre di opere ibride che si pongono tra la pittura piana e la scultura. Così come nella scienza ad una netta suddivisione degli stati della materia oggi corrispondono stadi/stati intermedi estremamente interessanti e dotati di proprietà specifiche (colloidali, fluidi, superfluidi...) altrettanto avviene in questo tipo di opere che, come accennato si pongono tra la superficie piana, la scultura e una loro percezione psichica e sinestetica.
Nel caso dell'Optical art, l'instabilità visiva diventa dialettica, interroga il fruitore ed implicitamente si pone in opposizione all'immobilismo.
È nella interdisciplinarità di un mondo ormai percepito nella sua multiforme complessità che tecnologia e scienze matematiche, lungi dal fornire uno scontato e deterministico risultato, si aprono e integrano in processi complessi, nuovi ed entusiasmanti.
Tutte prassi che caratterizzano anche il processo creativo di Cristina Ghetti aperta alla collaborazione e ad una interdisciplinarità che va dall'informatica alla matematica, dalla psicologia della percezione alla storia dell'arte fino a calarsi e misurarsi concretamente con l'ambiente sociale circostante attraverso la proposizione di mostre e l'adesione ad un'associazione culturale gravitante intorno allo spazio artistico Fantastik Lab di Valencia.
Note
Jole de Sanna: dopo il rettangolo. MADI. Carmelo Arden Quin, Salvador Presta, Volf Roitman. Edizioni Arte Struktura, Milano 1996