Prestare troppa attenzione al proprio smartphone in presenza dei figli peggiora le relazioni familiari e ha possibili ripercussioni sul benessere psicologico dei ragazzi.  È il risultato dello studio di Milano-Bicocca, appena pubblicato sul Journal of Social and Personal Relationships, che rivela come l’uso pervasivo dei device digitali, anche durante i momenti riservati tradizionalmente alle relazioni, abbia ripercussioni negative sul benessere psicologico dei giovani, in particolare degli adolescenti.

Lo studio, dal titolo “Mom, dad, look at me”: The development of the Parental Phubbing Scale”, è il frutto della collaborazione multidisciplinare tra ricercatori del Dipartimento di Psicologia di Milano-Bicocca - Luca Pancani e Paolo Riva - e di Sociologia e ricerca sociale dell’ateneo – Tiziano Gerosa e Marco Gui. Alla base dello studio, il cosiddetto fenomeno del “phubbing” (termine composto da “phone”, telefono cellulare, e “snubbing”, snobbare) comportamento per cui le persone, in contesto sociale, ignorano l’interlocutore per prestare attenzione al proprio smartphone. Ad oggi, il phubbing è principalmente studiato all'interno delle relazioni lavorative e di coppia e la ricerca mostra che chi subisce phubbing ha ripercussioni negative sul proprio benessere psicologico, svaluta la relazione con i colleghi o il partner e, nei casi più gravi, arriva a sviluppare sintomi depressivi. Lo studio nasce dalla constatazione che non esistevano misure in grado di rilevare il fenomeno del phubbing in ambito genitoriale, in particolare la percezione dei figli di essere ignorati dai loro genitori perché questi sono troppo spesso impegnati a prestare attenzione al proprio smartphone. Il gruppo di ricercatori ha quindi sviluppato il primo questionario per misurare il phubbing che i figli subiscono da madre e padre, raccogliendo dati su un campione di oltre 3000 adolescenti (età compresa tra i 15 e i 16 anni). Oltre a ciò, i risultati della ricerca hanno confermato l’ipotesi di partenza dei ricercatori: gli adolescenti che si sentivano maggiormente vittime di phubbing da parte dei loro genitori, si percepivano anche più distanti da essi, socialmente disconnessi, ignorati ed esclusi. Grazie a quest'ultimo punto i ricercatori hanno quindi potuto legare lo studio di un fenomeno nuovo (il phubbing) alla lunga tradizione di ricerca sulle esperienze di esclusione sociale che, come è noto in letteratura, possono avere ripercussioni molto negative su chi le subisce, che possono spingersi fino allo sviluppo di sintomi depressivi e al suicidio.