Anche l’immunità innata, la prima linea di difesa che ha un ruolo chiave nella resistenza ai patogeni, fa la sua parte contro Sars-CoV-2 e le varianti, compresa Omicron. È la scoperta pubblicata il 31 gennaio su Nature Immunology da Matteo Stravalaci, ricercatore di Humanitas, e Isabel Pagani, ricercatrice dell’IRCCS Ospedale San Raffaele e da un team di scienziati coordinati da Alberto Mantovani, direttore scientifico di Humanitas e professore emerito Humanitas University, Cecilia Garlanda ricercatrice e docente di Humanitas University ed Elisa Vicenzi, responsabile dell’Unità di Ricerca in Patogenesi virale e Biosicurezza dell’IRCCS Ospedale San Raffaele.

 Lo studio ha coinvolto anche Fondazione Toscana Life Science con Rino Rappuoli, l’Istituto di Ricerca in Biomedicina di Bellinzona e la Queen Mary University di Londra in uno sforzo internazionale volto a indagare le molecole presenti nel sangue e nei liquidi biologici e che funzionano come “antenati degli anticorpi” (i cosiddetti Ante-antibody). L’immunità innata, la prima linea di difesa del nostro organismo, risolve il 90% dei problemi causati dal contatto con batteri e virus. Precede e si accompagna all’immunità adattativa, la linea di difesa più specifica, degli anticorpi e delle cellule T, che può essere potenziata con i vaccini. A partire da marzo 2020, grazie al sostegno di Dolce&Gabbana, il team di ricercatori di Humanitas si è focalizzato sullo studio dell’interazione tra Covid e immunità innata, area di forte competenza del gruppo di lavoro del prof. Mantovani e della prof.ssa Garlanda. “Anni fa abbiamo individuato alcuni geni che fanno parte di una famiglia di antenati degli anticorpi. Concentrandoci sull’interazione tra questi e Sars-CoV-2, abbiamo scoperto che una di tali molecole dell’immunità innata, chiamata Mannose Binding Lectin (MBL), si lega alla proteina Spike del virus e lo blocca – spiega il prof. Alberto Mantovani -. Alla comparsa di Omicron, Sarah Mapelli, ricercatrice bio-informatica di Humanitas, ha esteso subito l’analisi sulla struttura della proteina in collaborazione con il gruppo di Bellinzona, scoprendo che MBL è in grado di vedere e riconoscere anche Omicron, oltre alle varianti classiche del virus come Delta”.