Nelle ultime settimane si è parlato con sempre maggior intensità, complice anche la morte di un 50enne italiano in vacanza a Cuba, del cosiddetto vaiolo delle scimmie, alle cui conseguenze sarebbe da ascrivere il decesso del nostro connazionale. Ma che cos’è esattamente il vaiolo delle scimmie, o “monkeypox” che dir si voglia?

Si tratta di un’infezione trasmessa dagli animali all’uomo, identificata per la prima volta da un laboratorio danese nel 1958, dopo averla scoperta in alcune scimmie (da qui il nome). Secondo l’Istituto Superiore di Sanità, la trasmissione del virus all’uomo nelle aree endemiche avviene solo attraverso un morso, il contatto diretto con il sangue, la carne, i fluidi corporei o le lesioni cutanee di un animale infetto. Da questa estate, però, questa malattia ha iniziato a destare timore anche in Europa, con quasi cinquemila casi segnalati. Secondo gli esperti, la trasmissione nel continente riguarderebbe soprattutto uomini dai 18 ai 50 anni, legata a rapporti con partner sessuali multipli, in particolare dello stesso sesso. La domanda sorge quindi spontanea: questa malattia si può trasmettere da persona a persona? E, se sì, come? La trasmissione del virus non è affatto facile. Come riportato sul sito dell’Iss, avviene “principalmente tramite il contatto con materiale infetto proveniente dalle lesioni cutanee o con oggetti contaminati (lenzuola, vestiti), oppure il contatto prolungato faccia a faccia. E, come detto, anche con rapporti intimi. La manifestazione dell’infezione avviene con febbre, dolori muscolari, cefalea, rigonfiamento dei linfonodi, stanchezza e manifestazioni cutanee tra cui vescicole, pustole, piccole croste. Solitamente, in un arco temporale che va dalle due alle quattro settimane, la malattia si risolve; basta un po’ di riposo e, al più, la somministrazione di antivirali. È anche vero, però, che possono presentarsi casi in cui il vaiolo delle scimmie si manifesta in maniera più violenta. E mentre in Italia nelle scorse settimane sono partite le vaccinazioni Jynneos per i soggetti più a rischio, e solo nelle regioni in cui si erano registrati più casi, per l’Iss è altresì possibile che le persone vaccinate fino al 1981 contro il vaiolo siano a minor rischio di infezione da monkeypox. Ovviamente, non mancano le raccomandazioni: stare a casa se si ha la febbre, contattare il proprio medico, evitare contatti con persone che presentano i sintomi citati, e monitorare l’andamento della malattia nei ventun giorni in cui la stessa dovrebbe effettuare il decorso.