Ormai non sorridiamo più. O, per meglio dire, lo facciamo sì, ma a bocca chiusa. È quanto emerge da uno studio condotto in occasione della Giornata Mondiale del Sorriso e che ha visto coinvolta la dottoressa Katia Vignoli, psicoterapeuta e docente alla Scuola di specializzazione in psicoterapia e alla Scuola di Naturopatia dell’Istituto Riza. È lei a spiegare il perché non ridiamo più di gusto come una volta, soprattutto sotto l’aspetto psicologico. Punto di partenza, il ruolo della bocca:

“La bocca può esprimere tutto e il contrario di tutto, è il simbolo delle ambiguità. Essa disegna nelle sue due curve la compresenza di due direzioni opposte, che riassumono le due nature dell’essere umano”. Si pensa alla bocca e, inevitabilmente, il pensiero va al sorriso. Ma dallo studio emerge che il 61% degli italiani sorride a bocca chiusa: perché? Ancora la dottoressa Vignoli: “Il sorriso a bocca chiusa si carica di significati come tacere, nascondere, rifiutare, assentarsi, mantenere la distanza, custodire nel silenzio. Mettiamo istintivamente la mano sulla bocca quando abbiamo paura: tenere la bocca chiusa è sbarrare l’accesso al mondo, e mima un grande ‘No’ alla vita.  Aprire la bocca, invece, non è solo respirare, mangiare, parlare, ma anche farsi sentire, rompere il tabù; e poi sperimentare, avviare lo scambio con l’altro, essere disponibili, curiosi, entrare nel gioco. Apriamo la bocca davanti a meraviglia, bellezza, inaspettato: la vita chiama e le labbra si schiudono. Insomma, aprire la bocca è un grande ‘Sì’ alla vita: significa permettere alla vita di entrare dentro di noi, consentire a noi stessi di uscire arricchiti o trasformati da questo scambio”. Dallo studio emerge che un sorriso a bocca chiusa ha anche delle altre componenti: insicurezza legata all’aspetto fisico (67%), disabitudine legata all’uso della mascherina (63%), timidezza (60%) e poca cura della cavità orale (56%). È quindi più che mai utile imparare di nuovo a sorridere: “Può venirci in soccorso la tecnica del ‘Come se’. Consiste nell’agire come se uno effettivamente possedesse lo stato interiore desiderato, non certo obbligandosi a fingere di esser felice se in realtà è triste, ma comportandosi su un piano corporeo come se fosse allegro e fiducioso: rasserenare la fronte, alzare la testa, pronunciare parole di ottimismo e gioia e soprattutto sorridere. In questo modo l’assetto corporeo della felicità, in primis il sorriso, con un allenamento costante migliora effettivamente il nostro stato emotivo”.