La pandemia da Covid-19, le rotte commerciali sconvolte, le variegate crisi di materie prime, di manodopera e del lavoro, la guerra, la crisi ambientale. Sono alcuni degli avvenimenti che contraddistinguono il mondo contemporaneo e che accelerano i processi di cambiamento nella società. Ma una questione rimane salda, anche mutando forma, numeri e protagonisti: la mobilità umana. L’Italia è protagonista del fenomeno migratorio fin dagli albori della sua entità statale e anche prima, e non solo per le entrate nel nostro Paese porta-d’Europa, ma anche e soprattutto per le uscite. L’immigrazione è un fenomeno recente, mentre l’emigrazione è iscritta nella storia degli italiani.

Restano due fenomeni uniti nel macro contesto della mobilità. Con queste variegate crisi, che stanno portando alla creazione di un mondo interconnesso, l’emigrazione italiana ha visto una frenata nel 2021, che non significa nel modo più assoluto che il fenomeno sia in via di sparizione, ma semplicemente che sta mutando: sono infatti 83.781 gli italiani che hanno lasciato il Bel Paese nell’ultimo anno, la cifra più bassa dal 2014. Insomma, quello che ci si aspettava che potesse accadere nel 2020, è accaduto quest’anno. E questo ha portato a una nuova forma di emigrazione con diverse caratteristiche: sono prevalentemente maschi (54,7%) e giovani (41,6% tra i 18 e i 34 anni) quelli che partono, senza famiglia (66,8%) e che si stabiliscono principalmente in Europa (78%).
Questi i dati principali che emergono dal 17° Rapporto Italiani nel Mondo realizzato e presentato questa mattina a Roma dalla Fondazione Migrantes.
L’emigrazione non si è fermata, dunque. I numeri presenti nel RIM 2022 spiegano come sia cambiata e come sia sempre più evidente che da una parte si vede un’Italia nei confini nazionali, in una crisi sempre più lampante dal punto di vista demografico, in crisi da spopolamento e in crisi lavorativa; dall’altra si vede un’Italia lontano dai confini, più attiva e dinamica che però non smette di guardare a quegli stessi confini da lontano. E nonostante quest’ultima Italia sia in perenne crescita (5,8 milioni sono gli italiani iscritti all’AIRE nel 2022, 9,8% dei 58,9 milioni di residenti in Italia), la sua rappresentanza politica si è abbassata con la nuova legislatura. Però, al netto di tutto, la partecipazione (non solo in termini politici) è rimasta sempre intatta.
Questi due temi, rappresentanza e partecipazione, sono al centro della nuova edizione del RIM presentato oggi, la cui introduzione è stata realizzata da Francesco Savino, Vicepresidente della Conferenza Episcopale Italiana, che ha dato il via ai lavori parlando della stretta attualità. Savino si è detto infatti preoccupato per come la politica democraticamente eletta stia trattando dei migranti arrivati sulle coste italiane, bloccati sulle navi Ong ancorate al porto di Catania: “se chiediamo integrazione per i fratelli italiani che emigrano, non possiamo non usare lo stesso vocabolario per chi entra nel nostro Paese. Ho paura quando sento parlare di accoglienza selettiva, non so cosa significa questo aggettivo. E sono preoccupato quando sento parlare di “carichi residuali” quando si parla di persone (il termine è stato utilizzato dal Ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, ndr). Se non vogliamo che il Mediterraneo diventi sempre di più un cimitero – ha detto -, dobbiamo custodire i migranti e dire che l’Europa aiuti l’Italia. Qui si gioca il futuro del nostro Paese e del Continente. Chiediamo le stesse cose per emigrati e immigrati”.
Passando al RIM, secondo il Vicepresidente della CEI “devono cadere i presupposti ideologici”, perché in questi fenomeni “si incontrano diverse religioni e diversi credi ma la realtà esige democrazia e processi di umanizzazione”. Per questo “non deve prevalere un’ideologia, sennò diventa disumanizzazione”. Infine, Savino si è appellato alla politica per due punti: “ridiscutere la legge Bossi-Fini” e affrontare il “problema giovani”. Giovani che “non hanno bisogno dalla sindrome del capezzale”. Perché “i giovani non sono il futuro, ma il presente. Non scelgono di partire, sono costretti a farlo da esigenze economiche e lavorative. Quelli che se ne vanno non tornano più. Dobbiamo trovare le condizioni per farli restare”. Altrimenti la mobilità italiana resterà sempre “malata”. “Questo studio - ha infine concluso Savino - ci aiuta soprattutto ad osare di più, e dobbiamo farlo per la civiltà e la democrazia. La storia di domani ci giudicherà per come tenteremo di affrontare i fenomeni migratori di oggi”.
A seguire, la moderatrice dell’incontro, Monica Marangoni, ha letto il messaggio che il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha voluto mandare per la presentazione e più avanti si è entrati dentro il RIM 2022 con Delfina Licata, Ricercatrice della Fondazione Migrantes nonché curatrice principale del RIM 2022, che ha iniziato il suo intervento con un assunto tanto semplice quanto longevo: “l’Italia è strutturalmente caratterizzata dalla mobilità”. Secondo la ricercatrice, “l’Italia è una repubblica democratica fondata sull’emigrazione. E ce lo dicono i numeri”. Questi numeri hanno fatto osservare come l’onda lunga della pandemia abbia dato il via a un fenomeno uguale, seppur in numero ridotto, ma con protagonisti leggermente diversi: “sono partiti meno italiani in totale, meno famiglie, meno minori (-19,6%); ma sono partiti tanti giovani. Oltre il 78% di loro lo ha fatto in Europa” (dove si sente maggiore sicurezza anche a causa dell’emergenza sanitaria, motivo per il quale spesso non ci si iscrive all’AIRE). Il lavoro è il motivo principale, ma importante sono anche la vivibilità delle città, l’assistenza sanitaria, il rapporto qualità/prezzo, il costo della vita, la qualità dell’aria, il fenomeno culturale e il livello di inclusività. “I giovani italiani non si sentono ben voluti dal proprio Paese e dai propri territori di origine e vanno a cercare fortuna altrove. La via per l’estero si presenta loro quale unica scelta da adottare”. “Questo ci deve far capire dove e come l’Italia sta cambiando”. E anche la mobilità lo sta facendo. È sempre più precaria, incerta, volubile. E sono tanti i giovani che non si iscrivono all’AIRE. Anche per questo la dottoressa Licata ha voluto chiedere “a gran voce” alla politica di creare un “tavolo di discussione per la riforma dell’Anagrafe degli Italiani all’Estero, perché deve rispondere delle nuove esigenze delle nuove forme di mobilità”, dicendosi anche pronta a collaborare a questa riforma.
“Ci siamo chiesti come trasformare mobilità malata in mobilità circolare, per questo dobbiamo riflettere sul tema della rappresentanza – ha spiegato ancora la curatrice del RIM 2022 -. Che non è solo un tema politico. Ciascun uomo e ciascuna donna determinano, invece, la loro influenza sui contesti sociali a seconda di quanto sappiano e riescano a indossare e giocare uno o più ruoli sociali acquisiti, conquistati o affidati loro”. La rappresentanza e la partecipazione si muovono dunque all’interno di uno spazio molto più vasto. Anche per questo la nuova edizione del RIM ha voluto indagare in particolaresul rinnovo dei Comites, allargando la ricerca in 17 paesi per 83 Comitati. Durante la ricerca “si è aperto un mondo di conoscenza”: in particolare è emerso un “parallelismo tra storia e modernità della mobilità. Ci sono Comites che perseguono tradizione ma altri dove si sono innestate le eco-mobilità”. È emerso anche un paradosso: nonostante solo il 2,8% abbia votato per il rinnovo o per la formazione dei Comites (da cui si evince una disaffezione per il voto in generale), i Comites “rappresentano bene le comunità”. Al lavoro nei Comites, infatti, ci sono rappresentate tutte le componenti della mobilità nostrana. Una comunità, quella all’estero, che “non è uniforme né perfetta, ma può e deve essere una comunità che decide per il proprio futuro. Perché è l’unica Italia che cresce”.
Ha preso parola durante la presentazione anche Luigi Maria Vignali, Direttore Generale per gli Italiani all’Estero e le Politiche migratorie del MAECI, secondo il quale, quello di oggi e in generale il nuovo volume del RIM, è un “momento importante di riflessione comune sulle nostre collettività”. “Anche le nostre sedi all’estero usano questo rapporto per studiare il fenomeno e le comunità. E i numeri ci sorprendono”. Riguardo il tema di quest’anno, Vignali ha voluto mettere in evidenza un nodo che “va affrontato”: ossia che il corpo elettorale aumenta, ma le procedure per il voto sono rimaste le stesse della Legge Tremaglia (2006). Una legge “che ha rappresentato una conquista, ma che ora va attualizzata”. Per questo il DG Vignali ha esortato “una riflessione del Parlamento” sul tema, dicendosi disponibile ad aiutare. Il rappresentante della Farnesina ha sottolineato poi altre due questioni fondamentali a suo modo di vedere: sicurezza del voto, “per la quale servono stanziamenti e risorse superiori alle attuali” e “multi-modalità del voto”, ossia “far scegliere all’elettore come votare, attraverso seggi o in modo elettronico, appena saremo pronti”. Ma ci sono anche altri livelli di rappresentanza, come ricordato dal DG Vignali, come il CGIE: “stiamo concludendo le nomine dei membri”, ha assicurato. Infine, Vignali ha attirato l’attenzione su un’altra questione: “non tutte le componenti geografiche sono rappresentate a dovere, manca l’Africa e manca buona parte dell’Asia”. Riguardo i Comites, invece, ha spiegato come il mondo degli italiani all’estero sia ben rappresentato dai questi organismi creati e funzionanti su base volontaria e gratuita, in cui le persone che lo compongono si impegnano a dar voce agli italiani all’estero in modo completamente autonomo. Questa, secondo lui, è “una dimensione qualitativa che può essere sviluppata”. “Il Maeci – infatti - li sostiene perché realizzino progetti finalizzati a raccontare la storia, per aiutare la nuova migrazione, per coadiuvare le sedi diplomatico-consolari. Questo aspetto qualitativo è anche un fattore di emancipazione”. Altresì, “è anche vero che hanno bisogno di un ammodernamento per far sì che siano sempre più inclusivi e rappresentativi e che ci aiutino a realizzare il progetto del Turismo delle Radici, un turismo attivo, diffuso nel territorio, che renda protagonisti i borghi, utilizzando sempre meglio i nuovi strumenti”.
Dopo Vignali sono intervenuti diversi rappresentanti della politica, a partire da Toni Ricciardi, della commissione scientifica del RIM e ora deputato del Pd eletto in Europa. Anche secondo lui, parlando di immigrazione, “bisogna superare la Bossi-Fini”. Parlando di emigrazione, invece, ha spiegato che assieme al suo partito si è dato un punto: “sdoganare gli italiani all’estero dal ghetto”. Per questo “non servono commissioni ad hoc per gli italiani all’estero ma bisogna utilizzare le commissioni preposte”. Per concludere ha parlato anche di Turismo delle Radici, definendolo con soddisfazione “un rimborso postumo alla provincia, che è quella che è stata toccata di più dall’emigrazione”.
In seguito ha preso parola anche il deputato di Fratelli d’Italia eletto in Centro e Nord America, Andrea Di Giuseppe, secondo il quale l’immigrazione deve “muoversi in base alle leggi”, e per l’emigrazione la politica, specie quella che rappresenta l’Italia all’estero, deve muoversi da un lato per creare risorse affinché “gli italiani non vadano via dal Paese”, e dall’altro per “cercare di rendere più rilevanti e valorizzare gli italiani all’estero”.
Poi ha detto la sua sul RIM 2022 anche Cristian Di Sanzo, eletto alla Camera con il Pd in Centro e Nord America: “questo rapporto è stato un faro in questi ultimi anni e ogni anno si arricchisce di qualcosa di nuovo. Per noi italiani all’estero e per chi si occupa di questi, è una guida per capire come si evolve il mondo dell’emigrazione”.
Infine Fabio Porta, deputato del Pd eletto in Sud America, secondo il quale “noi politici dobbiamo essere non solo rappresentanti degli elettori all’estero ma anche della mobilità, portando nelle scuole questa storia. Oggi, alla luce della riduzione dei parlamentari, il tema della rappresentanza è un tema ineludibile e urgente. E c’è un problema di messa in sicurezza del voto”.
Prima dell’intervento conclusivo si Pierpaolo Felicolo, Direttore Generale della Fondazione Migrantes, è intervenuto anche Paolo Masini, Presidente del Comitato di Indirizzo del Museo dell’Emigrazione Italiana di Genova, che ha spiegato come il lavoro del MEI sia un “lavoro in un mondo in continua evoluzione. Non vogliamo parlare solo di migranti storici, vogliamo parlare anche degli attuali migranti. Per questo il RIM è per noi così importante”.
Le conclusioni sono state affidate dunque al Direttore Felicolo, che ha chiosato: “è necessario farci contagiare dalla cultura. Lo studio, quando è rigoroso, aiuta tutti a sciogliere problematiche. Sono parole non teoriche, ma su storie concrete. Storie che danno volto alle persone poiché dietro i numeri ci sono sempre le persone – ha evidenziato il Direttore della Migrantes -. Il percorso migratorio perfetto è fatto di partenze e ritorni. E questo cambio ad oggi ancora non c’è. Il futuro è coi migranti, senza distinzione di cittadinanza. La Chiesa oggi continua a studiare il fenomeno per la vita di tutti, poiché nessuno si salva da solo. Fermare la mobilità è pura utopia. Speriamo che questo strumento sia uno strumento utile per lavorare e per comprendere questo fenomeno”.