E se l’ansia si potesse prevedere in base al volume della materia grigia e bianca nelle varie aree del cervello? Non è fantascienza, ma ciò che hanno dimostrato i ricercatori del Dipartimento di Psicologia e Scienze cognitive e del Centro interdipartimentale di Scienze mediche dell’Università di Trento. Il team di studiosi della provincia autonoma ha infatti pubblicato sulla rivista scientifica di bioingegneria “Sensors” il loro studio che, senza usare inutili giri di parole, appare letteralmente pionieristico.

Infatti, rende concreta l’ipotesi di creare dei biomarcatori in grado di predire l’ansia e altri disturbi emotivi al fine di intervenire in modo tempestivo con trattamenti personalizzati. E, per arrivare a ciò, i ricercatori trentini hanno utilizzato per la prima volta un metodo per costruire un modello cerebrale predittivo, capace di classificare in modo corretto l’ansia dei e delle partecipanti allo studio. Non solo, poiché con l’intelligenza artificiale il modello studiato dai ricercatori è in grado di predire con una certa accuratezza l’ansia anche in persone delle quali non si possiedono informazioni circa lo stato ansioso. Così i ricercatori dell’Università di Trento Teresa Baggio e Alessandro Grecucci: “Combinando metodi di intelligenza artificiale (come machine learning supervisionato e non supervisionato), cerchiamo di costruire modelli cerebrali predittivi per lo studio delle emozioni sia nella normalità che nella patologia. L’obiettivo è mettere a punto modelli che, sulla base di caratteristiche morfometriche (che riguardano la composizione e il volume) del cervello, siano in grado di riconoscere il livello di emozioni disfunzionali per poter intervenire tempestivamente con trattamenti più efficaci. Nel nostro campione abbiamo anche riscontrato una tendenza a provare meno ansia con l’avanzare dell’età. Segue quindi l’importanza di studiare l’ansia soprattutto nelle fasce più giovani della popolazione. In un nuovo studio in collaborazione con Bordeaux ci stiamo infatti concentrando sull’adolescenza. La nostra prospettiva è quella di individuare precoci biomarcatori cerebrali per predire i disturbi emotivi dell’adulto”.