Le piogge estreme del 15 settembre 2022, che hanno colpito parte delle Marche e dell’Umbria settentrionale, hanno determinato numerose conseguenze, tra cui piene improvvise dei torrenti e movimenti franosi, che sono stati tra gli effetti al suolo più diffusi e maggiormente impattanti. Un team di ricerca dell’Istituto di ricerca per la protezione idrogeologica del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Irpi) di Perugia ha realizzato una campagna di rilevamento sul terreno per censire le frane innescate dall’evento pluviometrico nella porzione di territorio dove si sono registrate le cumulate di pioggia più elevate.

I risultati della campagna di rilevamento sono stati raccolti in una banca dati disponibile nel repository Figshare, descritta in un articolo scientifico pubblicato sulla rivista Scientific Data, del gruppo Nature. “Le frane che abbiamo cartografato sono uno degli effetti al suolo causati da piogge mai registrate in quella zona dell’Italia: il cambiamento climatico, infatti, sta alterando i modelli di precipitazione, producendo eventi sempre più estremi caratterizzati da piogge molto intense”, dichiara Federica Fiorucci ricercatrice del Cnr-Irpi che ha coordinato il gruppo di rilevamento. “L'evento pluviometrico che ha innescato le frane ha colpito un'area di circa 5.000 km2 e ha avuto un picco di intensità di 419 mm in 9 ore, queste piogge hanno trovato un suolo in sostanziali condizioni di siccità”. L’attività di mappatura realizzata rappresenta anche un utile strumento a favore di tutti i soggetti preposti alla gestione e salvaguardia del territorio. “Una mappatura delle frane realizzata in maniera sistematica a seguito di eventi di pioggia intensi permetterebbe di identificare le aree soggette a maggiore rischio e di sviluppare, migliorare e aggiornare i piani di risposta, e implementare sistemi di allerta precoce sempre più efficaci, indispensabili per proteggere le popolazioni vulnerabili”. L’inventario delle frane potrà supportare le autorità per indirizzare le politiche e la pianificazione territoriale. “Questo studio può aiutare a implementare linee guida per lo sviluppo urbano e norme edilizie per garantire la sicurezza pubblica, nonché eventuali restrizioni specifiche, che permetterebbe di regolare la costruzione di infrastrutture critiche o l’insediamento in zone ad alto rischio, per tutelare l’uomo e le infrastrutture stesse”, conclude Michele Santangelo (Cnr-Irpi), primo autore dell’articolo.