La rappresentazione spaziale delle persone vedenti e non vedenti sembra essere almeno in parte influenzata dalle dimensioni degli ambienti: è più simile nel caso dei grandi ambienti rispetto a quelli piccoli. È questo quanto emerge da uno studio realizzato dalla dottoressa Lucia Tamponi, assegnista del Dipartimento di Filologia, Letteratura e Linguistica dell’Università di Pisa, e pubblicato sui “Quaderni di linguistica e studi orientali”. “Negli ultimi decenni è stata posta grande attenzione allo studio delle rappresentazioni spaziali di non vedenti congeniti e del linguaggio spaziale ad esse collegato, da parte di neuroscienziati, linguisti e psicologi cognitivi - spiega Lucia Tamponi -

L’obiettivo è di comprendere, mediante l’analisi e il confronto del comportamento verbale di individui vedenti e non vedenti congeniti, quale sia il grado in cui la deprivazione visiva influisce sulla rappresentazione dei concetti e sulla rappresentazione mentale dello spazio circostante”. Nello studio Tamponi ha esaminato le descrizioni che 48 volontari di madrelingua italiana (26 vedenti e 22 non vedenti congeniti) hanno fatto della propria camera da letto e di un percorso cittadino. Dall’analisi è emerso che per la propria camera i non vedenti utilizzano un numero doppio di verbi di moto rispetto ai vedenti. Questo sembra indicare che prediligano una rappresentazione spaziale soggettiva e di tipo sequenziale, legata al fatto che si spostano all'interno dell'ambiente sulla base della posizione di mobili e di oggetti con cui interagiscono con il tatto. I vedenti invece preferiscono una strategia di rappresentazione spaziale olistica e panoramica, ottenuta senza il ricorso al movimento. La descrizione degli spazi più grandi, in questo caso il percorso cittadino, tende invece ad essere simile, dal momento che i vedenti hanno utilizzato un numero di verbi solo leggermente superiore rispetto ai non vedenti: l’esperienza tattile non è infatti paragonabile a quella che si può avere in un ambiente a scala ridotta. “Questi risultati, per quanto parziali, – conclude Tamponi – confermano come la rappresentazione semantica e concettuale dei non vedenti congeniti sia fortemente dipendente dall’informazione linguistica, oltre che dagli input sensoriali. I due gruppi di soggetti testati tendono infatti a adottare differenti rappresentazioni spaziali per ambienti a scala ridotta, perché in questo caso per i non vedenti la rappresentazione concettuale dipende principalmente dall’informazione sensoriale e motoria”.