CALANO POTERE D’ACQUISTO E RISPARMIO DELLE FAMIGLIE
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- Redazione
Nel secondo trimestre del 2023 il prodotto interno lordo (Pil), espresso in valori concatenati con anno di riferimento 2015, corretto per gli effetti di calendario e destagionalizzato, è diminuito dello 0,4% rispetto al trimestre precedente ed è cresciuto dello 0,3% nei confronti del secondo trimestre del 2022. Lo rende noto l’Istat. La stima del Pil diffusa il 1° settembre 2023 era stata di una riduzione congiunturale dello 0,4% e di una crescita tendenziale dello 0,4%. Il secondo trimestre del 2023 ha avuto tre giornate lavorative in meno del trimestre precedente e una giornata lavorativa in meno rispetto al secondo trimestre del 2022.
La variazione acquisita del Pil per il 2023 è pari a +0,7%, della stessa entità di quella stimata al 1° settembre 2023. Rispetto al trimestre precedente, si registra una stazionarietà dei consumi finali nazionali e una diminuzione dell’1,7% degli investimenti fissi lordi. Le importazioni sono risultate stazionarie, mentre le esportazioni sono diminuite dello 0,6%. La domanda nazionale al netto delle scorte ha sottratto 0,4 punti percentuali alla variazione del Pil, mentre si è registrato un contributo positivo di 0,1 punti percentuali per i consumi delle famiglie e delle Istituzioni Sociali Private ISP, e apporti negativi sia degli investimenti fissi lordi sia della spesa delle Amministrazioni Pubbliche (AP), rispettivamente di 0,4 e 0,2 punti percentuali. Per contro, la variazione delle scorte ha contribuito positivamente alla variazione del Pil per 0,3 punti percentuali, a fronte di un apporto negativo della domanda estera netta di 0,2 punti percentuali. Si rilevano andamenti congiunturali negativi per il valore aggiunto in tutti i principali comparti produttivi, con agricoltura, industria e servizi diminuiti rispettivamente dell’1,4%, dell’1,2% e dello 0,1%. “Nel secondo trimestre del 2023, il quadro di finanza pubblica mostra un indebitamento in miglioramento e una pressione fiscale stabile rispetto al secondo trimestre dell’anno precedente. Con riferimento alle famiglie, l’aumento della spesa per consumi finali, nonostante la lieve flessione del reddito disponibile, si riflette in una flessione della propensione al risparmio, che già da diversi trimestri si attesta sotto i livelli pre-Covid. Le società non finanziarie registrano una caduta del valore aggiunto e degli investimenti e, in maggior misura, del risultato lordo di gestione. Ne risulta una flessione della quota di profitto e una stazionarietà del tasso di investimento, entrambi su livelli più alti rispetto al periodo pre-Covid” si legge nella nota di commento.