Un’Italia all’estero che continua a crescere, un mondo migratorio caratterizzato da incertezza e fragilità, soprattutto dopo il periodo pandemico, la voglia e il diritto di partire ma anche di ritornare. Sono alcuni deifocus del Rapporto Italiani nel Mondo, giunto quest’anno alla XVIII edizione e presentato l’8 novembre dalla Fondazione Migrantes. Dal 2006, primo anno di uscita del Rapporto, l’Italia all’estero è cresciuta del 91%, con un aumento che ha riguardato le donne (99,3%), i minori (+78,3%) e gli over 65 anni (+109,8%).

I nati all’estero sono cresciuti, dal 2006, del +175%, le acquisizioni di cittadinanza del +144%, le partenze per espatrio del +44,9%, i trasferimenti da altra AIRE del +70%. L’onda crescente si è andata affievolendo, però, a partire dal 2019, a causa della pandemia da Covid-19 e tutt’ora non è riuscita a tornare ai livelli pre-pandemia. Da gennaio a dicembre 2022 si sono iscritti all’AIRE per la sola motivazione “espatrio” 82.014 italiani (-2,1% rispetto all’anno precedente ovvero -1.767 iscrizioni). "I giovani sono protagonisti" dei flussi migratori verso l'estero, ma "sono meno spavaldi, più indecisi", ha detto Delfina Licata, curatrice del Rapporto italiani nel mondo, della Fondazione Migrantes. Il 44% di queste partenze ha riguardato giovani italiani tra i 18 e i 34 anni. “Lavorare all'estero è una grande opportunità, partire deve essere una scelta libera e non un obbligo di fatto, se si è costretti a lasciare l'Italia e, soprattutto, se non si riesce a tornare si è di fronte a una patologia a cui porre rimedio", ha sottolineato il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, in un messaggio inviato alla presentazione del Rapporto. Al 1° gennaio 2023 i connazionali iscritti all’AIRE sono 5.933.418, il 10,1% dei 58,8 milioni di italiani residenti in Italia. Mentre l’Italia continua inesorabilmente a perdere residenti (in un anno - 132.405 persone, lo -0,2%), l’Italia fuori dell’Italia continua a crescere anche se in maniera meno sostenuta rispetto agli anni precedenti. Il 46,5% dei quasi 6 milioni di italiani residenti all’estero è di origine meridionale, il 37,8% del Settentrione e il 15,8% del Centro. La Sicilia è la regione d’origine della comunità più numerosa. L’Europa è la meta prediletta e accoglie oltre 3,2 milioni di connazionali (il 54,7% del totale) mentre il continente americano segue con oltre 2,3 milioni (40,1%). Oggi le comunità maggiormente numerose si trovano in Argentina (il 15,5% del totale), in Germania (il 13,9%), in Svizzera (il 10,8%). Seguono Brasile, Francia, Regno Unito e Stati Uniti d’America. "Le comunità italiane nel mondo possono essere considerate un modello - ha detto il ministro degli Esteri, Antonio Tajani in un messaggio -. Con il passare del tempo hanno acquistato, anziché perderla, la consapevolezza della propria identità, ponendosi anche obiettivi di carattere politico in quanto collettività di origine italiana". Il Rapporto ha evidenziato, però, non solo la volontà di partire e andare all’estero, ma anche quella di tornare. Durante il decennio 2012-2021, infatti, il numero dei rimpatri dall’estero dei cittadini italiani è più che raddoppiato passando dai 29 mila nel 2012 ai circa 75 mila nel 2021 (+154%). Una tendenza che, dopo una sostanziale stabilità nei primi quattro anni del decennio, appare in continuo aumento. "Spostarsi all’estero può essere un arricchimento personale e professionale. E la rete di italiani nel mondo rappresenta uno straordinario strumento di soft power del nostro paese - ha evidenziato in un videomessaggio Paolo Gentiloni, commissario europeo per gli Affari economici -. Ma quando a quelle partenze non si accompagnano altrettanti ritorni, è un impoverimento del paese e una sconfitta per tutti". Il volume dei connazionali che rientrano in patria - spiega la Fondazione Migrantes - non è sufficiente a compensare la perdita di popolazione dovuta agli espatri che, durante lo stesso periodo e fino all’anno della pandemia, sono aumentati in misura considerevole. “I rientri ci sono e sarebbero di più se si capisse che non servono solo gli incentivi fiscali ma la conoscenza dell'esperienza, chi torna - sottolinea Licata - lo fa se c'è un paese che lo valorizza nella sua esperienza migratoria. Il mondo scientifico è a sostegno dei decisori. Il rientro dei giovani dopo il Covid ci ha insegnato che il rientro è possibile. È un salto culturale che il paese deve fare". E diversi sarebbero anche i benefici che conseguirebbero a questi rientri, come spiegato dalla sociologa della Fondazione Migrantes: dal rientro dei pensionati, "con le ricadute positive sui territori", al turismo delle radici, con il "ritorno di questi turisti speciali, italiani e italo discendenti".