DIFFICILE DA TROVARE UN LAUREATO SU DUE
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- Redazione
Gli esami di maturità sono iniziati e molti giovani, quasi neodiplomati, dovranno presto decidere se iscriversi all’università, valutando anche le opportunità che offre il mercato del lavoro per i laureati dei diversi indirizzi di studio. È importante, allora, sapere che nel 2023 le imprese italiane dell’industria e dei servizi hanno pianificato di assumere oltre 768mila laureati, pari al 13,9% del totale dei 5,5 milioni di contratti di lavoro programmati. Ma le imprese hanno difficoltà a trovare quasi 1 laureato su 2, cioè 376mila figure. Queste alcune delle indicazioni provenienti dal Sistema informativo Excelsior che Unioncamere realizza in collaborazione con il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, relative alle opportunità di lavoro per i laureati e analizzate insieme ad AlmaLaurea nel volume “Laureati e lavoro”.
L’indirizzo economico è il corso di laurea più richiesto dalle imprese con 223mila contratti programmati nel 2023, seguito dall’insieme degli indirizzi di ingegneria, che arrivano a una richiesta complessiva di 162mila profili, suddivisi in 53mila laureati in ingegneria industriale, 49mila in ingegneria civile e architettura, 45mila in ingegneria elettronica e dell’informazione e 15mila in altri indirizzi di ingegneria. Tra gli altri indirizzi più richiesti figurano anche quello di insegnamento e formazione (117mila), quello sanitario e paramedico (62mila) e quello scientifico-matematico-fisico-informatico (56mila). Le imprese hanno riscontrato difficoltà nella ricerca di 1 laureato su 2, pari a 376mila entrate nel 2023 (il 49% delle entrate di laureati), accentuando una situazione già complessa e che nel 2019 riguardava 1 laureato su 3. Nel 62,9% dei casi il motivo di tali difficoltà è dato dal “gap di offerta”, ovvero un ridotto numero di candidati disponibili sul mercato, soprattutto quando si ricercano laureati degli indirizzi statistico, sanitario e paramedico, medico e odontoiatrico e chimico-farmaceutico. Più contenute le difficoltà di reperimento legate al “gap di competenze”, ovvero collegate alla formazione non adeguata, indicate dalle imprese nel 29,3% dei casi.