CENSIS, L’ITALIA DEL 2024 TRA “MEDIETÀ”, IDENTITÀ E GIOVANI FRAGILI
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- Redazione
“La sindrome italiana è la continuità nella medietà, in cui restiamo intrappolati. Il Paese si muove intorno a una linea di galleggiamento, senza incorrere in capitomboli rovinosi nelle fasi recessive e senza compiere scalate eroiche nei cicli positivi”. A tracciare questo ritratto dell’Italia è il Censis, che ha presentato il suo annuale Rapporto, il 58esimo, “La società italiana nel 2024”. Il Centro Studi evidenzia nella sua analisi la “sequela di disincanto, frustrazione, senso di impotenza, risentimento, sete di giustizia, brama di riscatto, smania di vendetta ai danni di un presunto colpevole” che però “non è sfociata in violente esplosioni di rabbia”.
D’altra parte, “la spinta propulsiva verso l’accrescimento del benessere si è smorzata”, si legge nel Rapporto, che cita la riduzione del 7%, dal 2003 al 2023, del reddito disponibile lordo pro-capite e la diminuzione del 5,5% della ricchezza netta pro-capite. L’85,5% degli italiani, fa poi sapere il Censis, è convinto che sia molto difficile salire nella scala sociale e a questo dato corrisponde anche una “crescente avversione ai valori costitutivi dell’agenda collettiva del passato”: ad esempio, per il 71,4% degli italiani l’Unione europea è destinata a sfasciarsi, senza riforme radicali. Il 68,5% ritiene che le democrazie liberali non funzionino più. E il 66,3% attribuisce all’Occidente (Usa in testa) la colpa dei conflitti in corso in Ucraina e in Medio Oriente. Non a caso, solo il 31,6% si dice d’accordo con il richiamo della Nato sull’aumento delle spese militari fino al 2% del Pil. Dal Rapporto emerge anche una certa “rivalità delle identità”, con il 38,3% degli italiani che si sente minacciato dall’ingresso nel Paese dei migranti, il 29,3% che prova ostilità per chi è portatore di una concezione della famiglia divergente da quella tradizionale, il 21,8% che vede il nemico in chi professa una religione diversa, il 21,5% in chi appartiene a una etnia diversa, il 14,5% in chi ha un diverso colore della pelle, l’11,9% in chi ha un orientamento sessuale diverso. Inoltre, il 57,4% degli italiani ritiene che l’’italianità’ sia cristallizzata e immutabile, definita dalla discendenza diretta da progenitori italiani e per il 36,4% è connotata dalla fede cattolica, per il 13,7% è associata a determinati tratti somatici. “Siamo culturalmente preparati al salto d’epoca?” È la domanda che si pone il Rapporto, che sottolinea una “mancanza di conoscenze di base”: per fare qualche esempio, il 49,7% degli italiani non sa indicare correttamente l’anno della Rivoluzione francese, il 30,3% non sa chi è Giuseppe Mazzini (per il 19,3% è stato un politico della prima Repubblica), per il 32,4% la Cappella Sistina è stata affrescata da Giotto o da Leonardo, per il 6,1% il sommo poeta Dante Alighieri non è l’autore delle cantiche della Divina Commedia. “Nel limbo dell’ignoranza – è il commento del Censis - possono attecchire stereotipi e pregiudizi: il 20,9% degli italiani asserisce che gli ebrei dominano il mondo tramite la finanza, il 15,3% crede che l’omosessualità sia una malattia, il 13,1% ritiene che l’intelligenza delle persone dipenda dalla loro etnia, per il 9,2% la propensione a delinquere avrebbe una origine genetica (si nasce criminali, insomma), per l’8,3% islam e jihadismo sono la stessa cosa”.