Intervista con Zhang Changxiao “ La Costellazione del Dragone"
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- Chiara Marcon
Volete provare il vero cibo cinese in Italia? Volete fare affari con i cinesi? Volete capire la mentalità cinese? Volete fare un viaggio in Cina? Volete conquistare un ragazzo o una ragazza cinese? Tutte le risposte a queste domande sono qui, nel libro“La costellazione del dragone”.
Lo scrittore cinese Zhang Changxiao (nome d’arte Sean White, nella foto a sinistra) è autore del libro appena uscito "La Costellazione del Dragone" (edizioni Piemme), arrivato in libreria durante l'emergenza coronavirus.
Si tratta di una sorta di “enciclopedia” del popolo cinese in Italia, in grado di offrire innumerevoli spunti di riflessione e una prospettiva originale su questioni che spesso sfuggono alla nostra comprensione. Cosa succede nella Chinatowns, piccole città racchiuse all’interno di città italiane? Che cosa c’è dietro ai centri di massaggio che sempre più spesso ci capita di vedere? I cinesi mangiano davvero il cane? Perché il lavoro è così importante per loro? E la famiglia che ruolo ha nella vita di un cinese? Nella nostra vita quotidiana ci imbattiamo spesso in stereotipi e giudizi affrettati su tali questioni, ma se provassimo invece a conoscerle davvero? Grazie a “La costellazione del dragone”, adesso è possibile. E da questo incontro tra culture, abbiamo tutto da guadagnare.
Lo scrittore è conosciuto, anche, come il Marco Polo della musica italiana, nel 2012 si trasferisce in Italia per studiare Ingegneria robotica al Politecnico di Milano, lasciando gli studi poco dopo, per dedicarsi alla passione per la musica italiana e d’autore, trasformandola nel suo lavoro. Dopo essere stato colpito dalla musica di Fabrizio De André decide di farsi portavoce e promotore della musica italiana in Cina dove diventa il massimo esperto cinese di cantautori italiani e lavora per promuovere l’incontro culturale tra l’Italia e la Cina, ricevendo numerosi riconoscimenti tra cui il “Premio Nazionale G. Falcone e P. Borsellino” (2016) e “Figura Culturale Dell’Anno” nella IV edizione del “Personaggio dell’Anno di Jinan” (2017). Con la sua agenzia di comunicazione LongMorning, fondata insieme al collaboratore Mao Xuanxuan, leader della band cinese Walking Ears, organizza concerti in Cina per artisti italiani ed internazionali come Eugenio Finardi, Giovanni Allevi, Stewart Copeland. Si occupa inoltre del copyright della musica italiana in territorio cinese, in modo che possa essere ascoltata su piattaforme di streaming musicale. Zhang è anche il regista generale del più grande Festival del capodanno cinese che si svolge in Italia ogni febbraio. Lo scorso novembre, Sean ha organizzato a Milano, il Mandorla Music Festival, la prima rassegna musicale che celebra il sodalizio tra la cultura cinese e la cultura italiana, di cui Enrico Ruggeri è stato testimonial d’eccezione
Se vi sono mai sorte delle domande sui cinesi, se volete soddisfare qualsiasi vostra curiosità, questo libro vi fornirà le risposte che cercate, con leggerezza e umorismo riesce a rivelare attraverso gli occhi di un cinese che, vivendovi ha imparato a conoscere il nostro Paese, le differenze e i punti in comune che il popolo italiano e quello cinese, a volte inaspettatamente, hanno.
Ecco come si racconta lo scrittore in questa intervista :
Quando hai pensato di scrivere al “Costellazione del Dragone” e perché? L'anno scorso, la casa editrice Piemme mi ha contattato e mi è stato proposto di scrivere un libro sulla mia vita da cinese in Italia. Ho pensato che sarebbe stata una bellissima opportunità per approfondire i rapporti tra Italia e Cina. Ci sono quasi 400.000 cinesi in Italia, ma ho l'impressione che la maggior parte degli italiani sappiamo molto poco di noi, e spesso si ricorre a stereotipi, come che i cinesi mangino carne di cane, piuttosto che approfondire una vera conoscenza. Perciò con questo libro mi sono dato l'obiettivo di fare conoscere la cultura cinese, e dei cinesi in Italia, facendo al tempo stesso stesso divertire e rilassare il lettore.
Sei da tanti anni in Italia, negli anni, come vedi l’integrazione cinese nel territorio? Penso che negli ultimi anni, con la seconda generazione di cinesi in Italia, l'integrazione sia molto cambiata. Mentre prima si associavano i cinesi a persone che pensano solo al lavoro e al denaro, la seconda generazione è più vicina allo stile di vit
a italiano, sono diversi dai loro genitori, più coraggiosi nella vita, ascoltano musica italiana come De Gregori, Vasco, Ghali, Achille Lauro, e guardano anche film italiani come quelli di Checco Zalone. Anche nel lavoro le loro scelte non sono più limitate ai ristoranti e negozi cinesi, ma sognano di diventare cantanti, attori, eccetera.
Ci spieghi che cosa è la “Costellazione del Dragone”, a parte essere il titolo del tuo libro? Una volta, parlando con Elio di Elio e le Storie Tese, mi ha detto che la sua musica è un po' come una lasagna, ha tanti livelli di interpretazione. Potrei dire lo stesso del mio libro, che può essere osservato secondo strati diversi: innanzitutto, il drago è un elemento che si collega all'Oriente, mentre il concetto di costellazione è qualcosa di occidentale. Poi, il drago è uno dei segni zodiacali cinesi, che sono usati per interpretare il carattere e il futuro di una persona. Perciò drago e costellazione, insieme, rappresentano una fusione tra Oriente e Occidente, per cui la mia speranza è che gli occidentali possano seguire le orme del drago per conoscere il Popolo cinese che vive in Italia, i loro costumi, il loro carattere, il loro cibo, i loro pensieri. Così insieme potremo costruire un rapporto realmente interculturale.
La tua è una bella panoramica, che tocca tanti aspetti della vostra cultura e storia, quale è stato il tema più difficile da affrontare? Gli argomenti più difficili da affrontare riguardo al rapporto tra Italia e Cina, a mio parere, sono quelli che toccano questioni politiche, e le differenze nei valori ideologici e nella concezione di libertà nelle diverse culture. Penso che in generale le difficoltà più grandi nascano dalla incapacità di comprendersi a vicenda, e con il mio libro spero di essere riuscito a favorire un dialogo tra di noi e aumentare la conoscenza reciproca. In questo periodo, a causa del corona virus, molti hanno paura dell'altro, ma la paura è data anche e soprattutto dalla non conoscenza. Più che del virus, quello di cui ho paura è l'alienazione tra i nostri due Paesi.
In un mondo cosi globalizzato ha senso ancora parlare di Made in Cina e Made in Italy? Oggi, il mondo è sempre più globalizzato, io penso che l'integrazione sia ovviamente importantissima, ma al tempo stesso non bisogna perdere ciò che ci rende diversi e perciò unici. Lo stile italiano è noto per la sua grande qualità e per il design, questo è qualcosa che va preservato. Al tempo stesso, il made in China non è più sinonimo di scarsa qualità come un tempo si poteva pensare, ma sta migliorando sempre più e comprende prodotti di punta nella tecnologia, nella moda, eccetera. Penso che entrambi rappresentino un punto di forza dei nostri Paesi, e che possiamo imparare gli uni dagli altri per migliorare.
A chi è indirizzato il tuo libro? Il mio libro è indirizzato a tutti gli italiani, specialmente quelli che non sanno molto della cultura cinese. E naturalmente spero che possa piacere anche ai ragazzi più giovani, che sono il nostro futuro!
Da qualche settimana però un virus, il Corona virus, ha raffreddato di molto rapporti sociali economici con la Cina, se fosse partito da una città italiana, e non da Wuhan, i cinesi come avrebbero reagito nei nostri confronti? Penso che se il virus fosse nato nelle città italiane, la reazione dei cinesi sarebbe più o meno simile a quella degli italiani attualmente. Molte persone proverebbero empatia verso l'Italia e cercherebbero di aiutare, mentre altri, per paura e ignoranza, potrebbero purtroppo discriminare e cercare di stare lontani dagli italiani. Così penso che sarebbe in qualsiasi Paese, la discriminazione è ovunque, non appartiene a un solo popolo, e nasce quando viene meno l'empatia e manca la conoscenza dell'altro; come superarla? Questo è un dilemma che accomuna tutta l'umanità.
Hai pubblicato due anni fa il tuo primo best seller “Creuza de Mao”, (con oltre 200.000 copie vendute in Cina), per far conoscere in Cina i più grandi cantautori della storia della musica italiana, perché hai voluto portare in nel tuo Paese la nostra musica? Anni fa, sono arrivato in Italia per studiare ingegneria meccanica. Questo però era qualcosa che non mi apparteneva. Un giorno, camminando per le strade di Lecco, ho sentito una canzone di Fabrizio De André; mi ha colpito e confortato a tal punto che ho deciso che dicevi assolutamente saperne di più, e poi ho voluto dedicare tre anni alla scrittura di un libro per rendere omaggio ai cantautori italiani. Potrei dire che la musica di De André ha cambiato il mio destino. Dopo, ho preso casa in Italia e ho deciso di dedicarmi allo scambio culturale tra Italia e Cina. La musica italiana per me è stato un dono, che mi ha permesso di trovare la mia strada.
Hai organizzato nel 2019 il Mandorla Musica Festival, a Milano dove artisti cinesi si sono esibiti insieme ad artisti italiani, come è andata l’organizzazione e hai trovato difficoltà se si quali e come le hai affrontate? Il Mandorla Music Festival si è tenuto finora per due edizioni, presso i Magazzini Generali a Milano. Ho deciso di creare questo festival per far conoscere la musica cinese in Italia e fare conoscere e collaborare musicisti cinesi e italiani su uno stesso palco. Per esempio, ho avuto modo di presentare Su Yang, noto musicista cinese, a Enrico Ruggeri. Quest'anno, essendo il 50esimo anniversario delle relazioni diplomatiche tra Cina e Italia, ho invitato Enrico Ruggeri e Cristiano De Andrè a esibirsi in Cina. Purtroppo proprio quest'anno c'è stato lo scoppio dell'epidemia di coronavirus, e perciò dovremo aspettare che la situazione possa migliorare, ma spero che in futuro sarà di nuovo possibile organizzare questo tipo di scambi culturali. Le difficoltà che ho incontrato nell'organizzazione qui in Italia sono state legate al fatto che c'è molta burocrazia, il processo di candidatura e la documentazione da fornire sono molto complessi. Spero che in futuro si possa semplificare questo percorso così da favorire maggiormente questo tipo di eventi.
Ci sono tanti stereotipi anche sugli italiani, quali hai appurato veri, abitando in Italia e quali invece no? Nel mio libro ci sono molti esempi di questi stereotipi. In generale, posso dire che i cinesi hanno un'idea degli italiani come persone vivaci, divertenti ma anche un po' inaffidabili. In realtà, io ho conosciuto anche molti italiani seri e responsabili. Questo dimostra che per comprendere davvero un popolo, non bastano gli stereotipi, bisogna approfondire davvero la conoscenza dell’altro.
Hai due prefazioni prestigiose, una di Mogol e una di Vecchioni, come ti trovi a colloquiare con questi due grandi artisti della musica italiana? Come tutti sappiamo, il signor Mogol è un grandissimo paroliere italiano, ma conoscendolo ho scoperto che non si occupa solo di musica, è molto interessato anche a tutte le culture, e un buon conoscitore della medicina cinese. Avrei voluto realizzare per lui un progetto di visite alle scuole in Cina, spero che quando la situazione sarà migliorata potremo realizzarlo. Roberto Vecchioni l'ho conosciuto sei anni fa, intervistandolo per il mio primo libro, Creuza de Mao. Ammiro molto la sua musica e la sua saggezza. Quando hanno letto il mio libro, sia Mogol ch Vecchioni lo hanno molto apprezzato, perciò hanno scritto queste prefazioni per me, e gli sono molto grato. Oltre a loro, anche molti altri mi hanno aiutato, come il mio amico Eugenio Finardi.
Da cinese, quale cliché ti da più fastidio sulla tua cultura? So che per molti italiani, i cinesi sono persone interessate solo al lavoro e al denaro, e che i prodotti cinesi sono associati a qualcosa di scarsa qualità, a buon mercato. Questo è assolutamente sbagliato, e spero che gli italiani possano superare queste generalizzazioni e imparare a conoscere la vera Cina.
Ma tu ti senti più cinese o più italiano alla fine? Conosci Bruce Lee? Un giorno, un giornalista gli chiese, pensi di essere più cinese o americano? Bruce Lee rispose: Sotto questo cielo, siamo tutti una grande famiglia. Perciò, potrei dire di essere internazionale.
Che cosa ti manca dell’Italia quando sei in Cina e viceversa? La Cina è come i miei genitori, l'Italia come la mia fidanzata, perciò dovunque mi trovi c'è sempre qualcosa che mi mancherà.