fame miaAnnagaia Marchioro, porterà in scena, il 28 febbraio,  al teatro di Locarno, Fame mia- Quasi una biografia, attrice veneta di grande talento, da anni calca i palcoscenici d’Italia concedendosi qualche pausa solo per lavorare in televisione, in programmi importanti come quello di Serena Dandini in La tv delle ragazze  a Stati Generali poi. 

Sul palco locarnese porta  il suo  monologo che non è il lacrimevole racconto di una sopravvissuta alle patologie legate ai disturbi alimentari; è piuttosto una gioiosa carrellata di quadri variopinti di vita veneziana, in cui il cibo è sempre onnipresente, così come lo sono le macchiettistiche e tenere figure familiari di riferimento. Una su tutte, la nonna, che con il suo ingenuo amore per la nipote nutre una fame senza fine. Annagaia mangia, mangia costantemente. Il suo viso si deforma mentre si ciba compulsivamente di quello che è per lei apparecchiato in scena, rievocando la sua trasformazione fisica in bambina grassa, sgraziata, messa in ultima fila a danza. Una bambina tutto sommato allegra, che l’adolescenza trasforma in una giovane donna infelice, insoddisfatta del suo corpo, che proverà a cancellare e ad annientare completamente, gettandosi nel tunnel dell’anoressia.

Annagaia Marchioro ha una presenza scenica esuberante, strabordante nella sua gioia di vivere e di recitare, che trasmette al pubblico con vere e proprie ondate di energia comica, fisica e verbale. Estremamente veritiera nel tratteggiare la vita veneziana e i “tipi” che la caratterizzano, in un dialetto che evoca memorie di infanzia, folklore, comicità venata di nostalgia e amarezza. L’attrice riesce a far ridere anche mentre rievoca il suo momento più buio, il suo corpo esausto che si ribella al digiuno e che, contro la sua volontà, ricomincia a mangiare. Morte e impulso irrefrenabile alla vita si intrecciano nelle sue parole, facendo passare il pubblico dall’orrore dell’immedesimazione al sollievo della risata. Risata che non è semplicemente liberatoria, ma una scelta consapevole del pubblico nel momento in cui comprende che del male si può e si deve ridere.

Il talento comico dell'attrice veneziana unisce stand-up comedy, narrazione autobiografica e critica sociale creando uno spettacolo ricco di azione, che si snoda tra una scenografia smontabile , costumi clowneschi e luci che dialogano con l’attrice, intensificando i momenti di drammaticità come quelli più leggeri.

Ecco come anticipa il suo spettacolo in questa intervista:

Partiamo dal titolo del monologo che porti in scena: Fame mia- Quasi una 

biografia…

Fame mia non è altro che la mia vita. Una vita dove ho perennemente fame,  di che cosa? una persona che ha fame cerca qualcosa, quindi non tutti hanno la stessa fame, bravo è chi capisce che cosa cerca in quel momento nel cibo.

Poi c’è una quasi una biografia, perché non è tutto tutto veritiero quello che porto sul palcoscenico, ma un fondo di verità e una grande ispirazione  l’ho trovata nel mio vissuto quotidiano. Il testo teatrale, è tratto dal romanzo di A. Northomb, “Biografia della fame” e volevo che mantenesse il legame dal testo da cui è partito, che poi è diventata  la biografia della mia fame. 

Lo spettacolo ti dice che sei hai fame sei alla ricerca di qualcosa, e devi poi trovare quel qualcosa che ti fa aver fame, e quindi si finisce in buchi neri, o vissuti personali non del tutto limpidi, ma è un passaggio obbligatorio. 

Può essere pericoloso cercare di scoprire il perché si ha fame? 

Più che pericoloso direi periglioso …ecco il termine giusto…poi esordisco dicendo che il paese peggiore dove aver fame è l’Italia, c’è un’abbondanza di cibo e la vita gira intorno ad esso, quindi penso che aver fame in altri paesi sia meglio. 

Quando è nata Fame mia e dove l’hai rappresentata per la prima volta?

Fame mia è nata due anni fa , e l’ho portata in scena  per la prima volta a Milano al Teatro Leonardo.

Il 28 Febbraio sarai a Locarno, è la tua prima volta in Svizzera?

Si, a Locarno è la prima volta e ci tornerò dopo poco con una commedia Le comari, tratto da “Le allegre comari di Windsor” di Shakespeare, il 12 e 13 marzo,  un portare ai giorni nostri un pezzo di teatro classico, anche se rivisitato ma  pieno di significati. 

Fin da bambini la nostra vita gira intorno al cibo, frasi del tipo “se non mangi non cresci”, “ mangia altrimenti ti ammali”…. hanno condizionato la nostra generazione, dove sembrava che mangiare potesse risolvere tutto

Vero, certo, io ho sempre amato mangiare da bambina, fino a diventare un’adolescente quasi deforme ed in crisi con il mondo che mi circonda. Da li poi il cibo scatena la crisi esistenziale, non è più fonte di piacere ma provoca inadeguatezza e mette in crisi il personaggio.

In scena mangi davvero, come fai a gestire le calorie e soprattutto come fai ad inghiottire velocemente per poi avere di nuovo la bocca vuota per potere recitare

Devo dire che abbiamo fatto molte prove, all’inizio due anni fa si era pensato che in scena dovessi mangiare solo dolci. Ecco non funzionava per tanti motivi, poi pian  piano ho scelto cibi facili da masticare e compatibili con la sceneggiatura, mangio anche cioccolata e li ringrazio sempre gli svizzeri per averla inventata, cosi la sera in cui sarò a Locarno, l’applauso scatterà più caloroso. Poi ci sono dei trucchi scenici per ingoiare il cibo senza rischiare il soffocamento, ma non li posso svelare….

Da bambina poi frequenti le lezioni di danza classica, solo che ahimè la tua maestra Svetlana, smorza subito il tuo entusiasmo…

Diciamo che il mio fisico non era certo per il balletto classico, ma tutte ci siamo passate, un paio di anni a danza li abbiamo fatti tutte. Certo è che la danza classica discrimina quelle bambine che come me non badano alle calorie e non sono geneticamente predisposte per quel tipo di arte. Dimostro nello spettacolo che l’entusiasmo non basta, perché poi ci si scontra con i canoni classici rigidi. 

Per fortuna la danza contemporanea non ha questi parametri rigidi e usa dei corpi che magari non sono  fatti canonicamente per la danza. 

Tu lavori anche il televisione, ti abbiamo vista spesso nel programma di Serena Dandini, che differenza c’è tra il palcoscenico televisivo e quello teatrale?

Sono due sport diversi, il teatro è come la corsa campestre, dove conta la resistenza, l’allenamento, la preparazione, la televisione come i cento metri piani, ti giochi tutto in pochi secondi, devi essere veloce e concentratissimo. La televisione da molta visibilità ed è importante, ma se ti sbagli ti può togliere tutto quello conquistato in poco tempo. Un artista si deve allenare in modo diverso.

Tu reciti anche in dialetto veneto, che non è un dialetto che si sente tanto, nel mondo dello spettacolo in generale…

Vero generalmente si sentono molto altri dialetti, il romano o il napoletano, io parlo anche altri dialetti, mi piace poi principalmente il dialetto veneto, perché mi viene più naturale meno forzato e spontaneo ma recito sempre usando tanti altri dialetti italiani.

Da artista ti senti limitata al giorno d’oggi a portare sul palco qualche tematica oppure trovi massima libertà espressiva?

Da artista non mi sento di avere dei limiti tematici, ma devo dire che negli ultimi due anni in Italia ho trovato delle chiusure quasi censure su certi temi, come l’omosessualità, che sembrerebbe superato come tabù, ma non nell’arte ancora purtroppo.

Quali saranno i tuoi  prossimi lavori?

Uno sarà un viaggio attraverso le parole, e un altro invece dal titolo Colabrodo, sempre in collaborazione con Gabriele Scotti, che non è altro che la rappresentazione di noi stessi quando ci sentiamo di di fare acqua da tutte le parti…ma lo vedrete a teatro non anticipiamo troppo. Vi aspetto venerdì prossimo a Locarno!!!

 

Info: 

Prevendita biglietti presso Organizzazione Turistica Lago Maggiore Sportelli di Brissago, Ascona e Locarno o sul sito www.teatrodilocarno.ch Il prezzo d’ingresso è fissato in CHF 25,00, ridotto a CHF 20,00 per abbonati alla stagione e iscritti all’Associazione Amici del Teatro di Locarno.