imamginePerchè nella vita non ci accontentiamo di vivere un amore tiepido ma sicuro? Perché cerchiamo sempre qualcosa che ci faccia sentire vivi?  Con “Le regole degli amanti”, Yari Selvetella, ci porta dentro a vite, che nascondiamo, a desideri inespressi e insoddisfazioni non esternate. Due vite, quella di Iole e di Sandro, che si incrociano per caso, un giorno in un maneggio fuori Roma. Basta uno sguardo, e le loro vite vengono travolte da qualcosa che tutti cerchiamo ma  ignoriamo o soffochiamo dentro di noi.

 Il desiderio di vivere l’amore nelle sue molteplici sfaccettature non accontentandosi dei cliché borghesi, di famiglia, figli, lavoro e fine settimana a pranzo dai parenti. 

Loro si incontrano e non sono cosi giovani da farsi travolgere da un’amore adolescenziale ma nemmeno cosi vecchi da rinunciare a quello che potrebbe salvarli da un non vivere appieno la vita.

Iole e Sandro, finiscono per avere una relazione, che dura trent’anni, un matrimonio parallelo ai loro, lasciandosi alle spalle egoisticamente la vita vera. Si incontrano in un appartamento di Roma, e chiudendo la porta lascino il mondo reale fuori, e vivono la loro favola. Un amore fatto di viaggi, cinema, incontri, ma anche di regole, si danno un dieci regole per far andare avanti negli anni il loro rapporto, che attraversa la  giovinezza, la malattia Iole, le frustrazioni di scrittore incompreso di Sandro…mano  a mano nella pagine al lettore che cerca una risposta su che cosa sia la felicità , forse la risposta non la troverà facilmente perché nemmeno i protagonisti hanno capito fino a che punto spingersi.

L’ amore con un portuario lieve, va avanti e pagina dopo pagina abbiamo uno sciogliersi di certezze di regole, di legami, che poi si trasformano in altro…in amore ? in felicità? in ricerca di se? forse un po’ tutto questo…prigionieri di qualcosa che non riusciamo a lasciare andare…in  bilico tra certezza ed incertezza. Gli amanti di questo libro sembra siano pronti all’addio, ne siano consapevoli, ma Iole e Sandro non si lasceranno ma davvero? 

Dopo l'emozionante amore mai finito de "Le stanze dell'addio", un'altro viaggio, forse senza ritorno tra le pagine di un'altra storia indimenticabile.

 

Intervista: 

 

Sei appena stato a Pordenone  legge…come è stata l’esperienza ?

Nonostante il periodo, direi bene, il pubblico c’era anche se  molto distribuito, con le mascherine, ma ho avuto molti contatti interessanti. Festival molto ben organizzato  e viste le difficoltà sono riusciti a portarlo avanti, chiaro poi che eventi su prenotazione magari perdono in spontaneità ma ci adeguiamo tutti alle regole. 

Come proseguirà la promozione? 

Oggi  a Sutri un borgo del Lazio il 23 a Milano poi il 30 a Roma alla Casa delle letterature, il 12 a Napoli …. 

Già una fitta agenda, nonostante il libro sia appena uscito…

Il libro l ‘ho consegnato in una versione quasi vicina a quella pubblicata quindi i primi di marzo di quest’anno, quanto di ci ho messo a scriverlo e sulla stesura, in realtà è complicato perché dipende   dalla vita che uno fa. Io non sono solo uno scrittore, non sono disciplinato come Moravia che scriveva con uno scadenzario  e principalmente di giorno, Balzac anche aveva il suo metodo, di mattina sbrigava la corrispondenza poi dal pomeriggio e  la notte scriveva .

Tu invece come sei organizzato? 

Io lavoro per la RAI  sono autore televisivo,  ho una famiglia complicata con tanti bambini, e il tempo della scrittura è parallelo alla mia vita privata, reale, diciamo che ci ho messo circa un anno che è un tempo breve perché la storia è cresciuta in maniera naturale, una volta inquadrati i personaggi poi via via si sono mossi. Un po’ come quando crei con la carta pesta, tanti piccoli pezzetti di carta che poi metti insieme con la vinavil, e alla fine gli dai una forma.

Ho impostato delle caratteristiche fondamentali e  queste si muovono in noi, non vorrei usare la parola parassiti, perché è un significato negativo, ma con loro parlo della vita quotidiana di storie personali, di vita vissuta, racconti che mi fanno, e tutto questo diventano poi Sandro e Iole. Loro sono una vita, un’insieme di esperienze riferite.

Che cosa hai in comune con Sandro?

Ho in comune sicuramente l’essere sincero ed avere paura del fallimento. Il tratto in cui c’è empatia tra me e lui, e che lui ha ha la caratteristica di non esprimere quello che vorrebbe che è l’incubo di tutti gli scrittori. 

La scrittura regala la solitudine e io non sono un solitario di natura, quindi a volte durante la scrittura del libro, e’ come se fossi in mare aperto, da una parte osservo e godo la meraviglia del posto in cui sono, dall’altra vivo la  voglia di tornare in un porto sicuro e avere le mie certezze .

Nel libro c’è una parola molto ricorrente, felicità, tu hai capito che cos’è la felicità in amore ? 

che cos’è la felicità in amore ? nella mia stessa storia sono Iole e Sandro che cercano di spiegarmi questa domanda e se ha un senso cercare felicità nelle storie d’amore. Adesso mi viene in mente una canzone di Tenco che e’ “Ragazzo mio “ che ad un certo punto dice “se vuoi amare l’amore tu non gli chiedere quello che non può darti”…e forse è questo l’errore  che facciamo, chiedere all’amore quello che non può dare. Iole e Sandro vivono un periodo sociale dove non ci sono grandi battaglie da fare, vivono l’io e non la socialità  

chiedono all’amore la felicità e cercano nei rapporti di realizzare sogni e parti di loro stessi,  vivono la leggerezza, il desiderio  e la non realizzazione definitiva di se. i miei personaggi non vivono il senso del ridicolo, si buttano, si lanciano, vivono la vita e il momento, anche con un forte egoismo passando sopra i patti che hanno stretto con altri, tipo il matrimonio

Loro sono amanti per trent’anni, sembra un matrimonio  a tutti gli effetti …

Io pensavo di scrivere un libro irrealistico, un matrimonio allo specchio, un lungo rapporto d’amore, dove l ‘immagine è ribaltata partono da premesse diverse per arrivare alla fine come i rapporti normali, alla fine il grande sforzo si è infranto nella normalità.

All’uscita del libro, quello che mi ha colpito, che tante persone mi si sono avvicinate e mi hanno confermato  che nella storia hanno trovato la loro storia, o di qualcuno che conoscevano di rapporti lunghi clandestini, che durano anni …io pensavo di raccontare un paradosso  che invece  nella realtà succede.

Sullo sfondo ci sono questi matrimoni che creano strani effetti e ci siamo più persone contemporaneamente e queste storie d’amore creano degli equilibri strani.

Sandro e Iole con il tempo rivalutano alcuni valori, che al momento in cui si erano conosciuti tendevano a disprezzare, come la solidarietà ,la gratitudine, lo starsi vicino si iniziano ad apprezzare ad un certo momento della vita, all’inizio non se ne da importanza perché si hanno più’  energie poi con il tempo un certo tipo di valori servono.

Perché si danno delle regole ad un certo punto della storia ?

Loro si conoscono in un momento in cui hanno sperimentato i limiti dei rapporti personali stabiliti e regolati da regole, quindi non hanno l’istinto di lasciare tutto e costruire un'altra vita, perché capiscono che si troverebbero nella stessa situazione in cui sono nel matrimonio, dopo poco ,quindi cercano un’altra forma di stare insieme. L’innamoramento è bello, poi le cose evolvono e non sempre si vive bene e si vive una diminuzione del rapporto, ad amarsi di primi mesi sono capaci tutti il problema è il dopo. Loro vivono già una nostalgia dell’amore,  e vogliono mantenere l’innamoramento, creare un sistema alternativo nel loro decalogo c’è un elemento ironico di protesta loro vogliono creare qualcosa di diverso. 

Iniziano per scherzo e poi la cosa diventa seria ed importante, sperimentano la bellezza di questo rapporto. 

La coppia ufficiale a diventa il luogo della frustrazione dei desideri e non della loro realizzazione.

Ho estremizzato le cose, ma un po’ di Sandro e Iole nelle nostre vite non sarebbe male. 

Loro si innamorano da adulti è difficile ?

Non è più difficile, è difficile credere nell’amore man mano che si avanti. Con l’avanzare dell’età a volte si hanno infatuazioni più’ grandi. Quando non siamo completamente formati, quando il nostro io non è formato, innamorarsi è diverso, con l’età siamo meno disponibili al cambiamento e dare una parte di noi importanti. L’amore più puro è quello adolescenziale, l’intensità di quei sentimenti è irraggiungibile ma questo non vuol dire sia più importante. 

Nelle stanze dell’addio c’è un marito che non affronta la morte della moglie, nelle regole degli amanti Iole e Sandro forse vanno avanti perché non affrontato l’addio non siamo prigionieri della perdita ne abbiamo paura…?

Il parallelismo c’è la franchezza l’addio esiste, la morte non chiede il nostro permesso, mette fine all’amore e si sopravvive  c’è una difficoltà che le cose finiscano , che riguarda i nostri tempi, non siamo abituati all’addio,siamo abituati a rimuovere l’idea della fine di qualcosa che si insinua  e non le diamo spazio. 

 

 

www.bompiani.it

www.giunti.it

 

Yari Selvetella (Roma, 1976) ha pubblicato i romanzi La banda Tevere (Mondadori 2015) e Le stanze dell’addio (Bompiani 2018), candidato al Premio Strega, e il libro di poesie La maschera dei gladiatori (CartaCanta 2014). Si è a lungo occupato di storia della criminalità con saggi e reportage di successo. Lavora come autore televisivo e inviato per Rai Uno.