copertinalibrorobertoRoberto McCormick, vive a Lugano da molti anni, e prima di stabilirsi in Ticino ha insegnato alla Harvard University di Cambridge, Massachusetts.

Professore di letteratura e scrittura creativa presso la Franklin University Switzerland, "Io, nelle scuole pubbliche" , ( nella foto a sinistra la copertina del libro), è il suo ultimo libro, nel quale l’autore affronta un viaggio a ritroso nel suo passato, dove  racconta con intimismo, orgoglio, e a volte imbarazzo, che cosa è stato per lui l’integrazione, in Svizzera, che è passata anche tramite l'apprendimento di  una lingua e una cultura non sempre vicina alla sua.

Anni tra i banchi di scuola,  esperienze, luoghi di formazione, dove la curiosità e l’apertura sono sempre fondamentali per superare gli ostacoli.

Intervista: 

1) “Io, nelle scuole pubbliche" sarebbe stato diverso se avesse frequentato la scuola privata? 

Certamente. Non sono neanche sicuro che il libro sarebbe stato scritto. La scuola non solo mi ha portato fuori di casa, ma anche fuori dalla mia classe sociale. Ho incontrato amici con piscina all'aperto e ‘incappucciati’ - li chiamavamo così – uno dei quali ha cercato di saltare un treno in movimento e si è rotto la gamba.  Al liceo, nel fine settimana, lavoravo in un supermercato dove ho incontrato la classe operaia.

Una delle ragioni per iniziare con un protagonista così giovane era dimostrare la nostra completa ignoranza di tali fenomeni sociali e la nostra graduale consapevolezza che esistessero. Da qui la descrizione dello studente tedesco che giocava a calcio vestito con i pantaloni di pelle,  che noi non avevamo mai visto, e del nostro insegnante di educazione fisica che cercava di insegnarci questo stesso gioco, strano per noi, quando avremmo preferito giocare a baseball o football americano e usare le nostre mani.  In poche parole, la scuola pubblica era uno specchio della mentalità della società.

Per rendere chiara la differenza, il protagonista, alla fine del quarto racconto, parte per un'università privata, cioè per un altro mondo.  A proposito, conosco istituti scolastici privati. Ho insegnato in molti di loro. Uno in Ticino.

2)  Un forte realismo ed intimismo nel suo scritto, che si allontana dai suoi precedenti. Come mai questa svolta narrativa?

"Realismo" è una parola interessante, ma non è un concetto facile da definire, anche se molti ci hanno provato. Forse è utile fare una distinzione tra realismo storico, per esempio, e realismo psicologico. Nel mio romanzo "Petros" (2020), l'obiettivo era un certo realismo storico. C'era il desiderio di descrivere un periodo tumultuoso della storia balcanica poco conosciuto così come l'esperienza di un immigrato greco che voleva iniziare una nuova vita, più pacifica, negli Stati Uniti.  La concezione era principalmente storica perché la storia ha determinato le azioni dei protagonisti,   che non vuol dire, ovviamente, che non ci fosse una dimensione psicologica, ma era subordinata alle esigenze di creare una nuova vita in un paese straniero.

Rispetto al libro "Io, nelle scuole pubbliche", le cose sono più complicate perché le azioni si svolgono in due periodi storici diversi, ma anche perché storicamente i due periodi erano relativamente stabili. Gli eventi che hanno avuto luogo in quelle scuole illustrano l'atmosfera pacifica e stabile del dopoguerra dall'altra parte dell'oceano.  Ma anche nei quattro racconti contemporanei c'è un riferimento storico, ma a uno dei nostri tempi. Nei media, l'espressione "fake news" si usa spesso. Negli Stati Uniti avevamo costantemente davanti ai nostri occhi personalità false, il che significa la facciata piuttosto che l’autenticità di una persona. Ovviamente Donald Trump è il primo esempio.  Io volevo descrivere il "reale" dell'esperienza umana, ciò che sta dietro la onnipresente facciata.

Per me, il realismo e l'intimismo, l'onestà emotiva, erano l'antidoti alle  falsificazione della realtà che ci veniva presentata ogni giorno. "Realismo" significa qualcosa di tangibile e oggettivo. Così, in "Io, nelle scuole pubbliche", il racconto più lungo del libro, ho cercato di registrare fedelmente tutti gli eventi, buoni e cattivi, che hanno avuto luogo durante la mia experienza nelle scuole pubbliche. Lo stesso desiderio con i miei sentimenti, la realtà non tangibile. Dovevano essere registrati fedelmente. Così il desiderio quasi roussiano (in “Le confessioni”) di registrare la vita realmente vissuta. Così concepito, "Io, nelle scuole pubbliche" è allo stesso tempo simile e diverso da “Petros”. Estende la ricerca del reale oggettivo, ma esplora in misura maggiore la vite interiore.

3)  Che cosa l’ha portato in Ticino e che cosa Le piace del territorio?

Insegnavo a Boston molti anni fa quando mi è stata offerta un posto a tempo pieno al Franklin College in Sorengo, ora Franklin University Switzerland. Poiché il mio campo di specializzazione allora era la letteratura francese, un'offerta del genere era molto interessante per me.Una volta arrivato, per esempio, ho fatto pellegrinaggi nei principali siti di Rousseau nella Svizzera romanda.  

Anche se mi piace il fatto che la Svizzera sia poli lingue, sono molto contento di vivere nella Svizzera italiana. Mi piacciono le piccole città e le persone qui.  Mi piace pure vivere in un paese che non è una potenza mondiale e la relativa anonimità in cui vivo qui in Ticino. Forse, dato che ora sto pubblicando libri in italiano, dovrei preferire un po’ più di notorietà.

4) Quando scrive le viene più facile farlo in italiano o in inglese?

In inglese, la mia lingua madre.

5)  Nel suo testo, più volte il protagonista lascia delle situazioni perché sfavorito dalla conoscenza non perfetta della lingua italiana.  Adesso dopo tanti anni come va?

Avendo vissuto moltissimi anni - la maggior parte della mia vita - in vari paesi stranieri comprese Germania, Corea del Sud, Francia e Grecia,  capisco molto bene l'importanza dell'integrazione linguistica. Nel primo racconto di "Io, nelle scuole pubbliche", il protagonista del "Salone Gino" lascia la sua prima bottega da barbiere molto probabilmente a causa della sua scarsa conoscenza dell'italiano e il conseguente malessere.  Ciò riflette il primissimo anno della mia esistenza in Ticino.  In effetti, i miei primi amici qua erano francofoni. 

Anche in "Petros" ci sono scene che mettono in relazione problemi che nascono dalla non comprensione della lingua dominante. Ogni immigrato nel mondo conosce quell'esperienza.  Nel mio caso infatti, per vari motivi, mia nonna materna non ha mai imparato a parlare bene l'inglese. Ciò ha chiaramente influenzato, in modo negativo, la sua interazione con il mondo al di fuori della sua famiglia.

Adesso le cose vanno decisamente meglio anche se non ho mai studiato l'italiano in modo sistematico. In un programma universitario, ad esempio. Le scuole pubbliche sono ottimi luoghi per iniziare l’integrazione linguistica e non solo. 

 

Roberto McCornmick

Io, nelle scuole pubbliche 

Ed. Fontana

www.fontanaedizioni.ch

isbn 978-88-8191-576-7