Intervista con Giangi Cretti : “I Numeri Uno” a Zurigo
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“I numeri uno, storie di straordinaria quotidianità fra Svizzera e Italia”, è un premio istituito cinque anni fa, dalla Camera di Commercio di Commercio Italiana per la Svizzera, e dall’Ambasciata italiana in Svizzera.
Ogni anno, si scelgono storie, di uomini e donne, che in Svizzera, con partenze e percorsi diversi, hanno raggiunto un traguardo importante nel territorio elvetico, non dimenticando le proprie origini. Esempi di integrazione, coraggio, sacrificio e tenacia e non da meno una preparazione che li ha fatti distinguere dagli altri, in vari settori professionali.
Il premio, simbolico, viene consegnato ogni anno dalle autorità, in una serata di gala a Zurigo, dove tra commozione e orgoglio ognuno ripercorre la propria carriera e dedica quello che è a qualcuno, ricordando che da soli, non si arriva mai lontano.
Il giornalista e direttore de “ La Rivista” della Camera di Commercio di Commercio Italiana per la Svizzera, Giangi Cretti, annualmente cura e pubblica un volume dedicato a protagonisti indimenticabili, che lasciano la loro storia professionale e privata, vivere tra le pagine del libro.
Foto: Giangi Cretti con i protagonisti della premiazione avvenuta a marzo 2025 al Lake Side di Zurigo.
Cretti in questa intervista ci racconta, il dietro le quinte delle varie edizioni :
“I numeri uno”, storie di straordinaria quotidianità fra Svizzera e Italia, è una manifestazione che è arrivata al suo quinto anno, come è stata ideata e da chi è sostenuto annualmente la sua continuazione?
L’idea è mutuata da un’iniziativa che Claudio Bozzo - oggi Vicepresidente della Camera di Commercio Italiana per la Svizzera (CCIS) – organizzava, quando era presidente della Camera di Commercio Italiana di New York (fra il 2009 e il 2014), nella metropoli statunitense. Si chiamava I Primi 10, e ogni anno premiava 10 personalità che si erano distinte nella comunità italo-americana.
Venuta a conoscenza di quell’iniziativa, la CCIS nel 2019, di concerto con l’Ambasciata d’Italia in Svizzera, che patrocina il Premio, ha deciso di riprendere l’idea, rinominandola e adeguandola al contesto svizzero.
Come si scelgono i numeri UNO da premiare?
Il premio, che, precisiamolo, è puramente simbolico, - consiste infatti in una targa e nella pubblicazione di un volume che racconta i premiati – dal 2019 viene attribuito ogni anno (eccezion fatta per il 2020, per via della pandemia) a personalità che in vari ambiti, con differenti traiettorie professionali e di vita, si sono distinte, favorendo le relazioni fra Italia e Svizzera contribuendo in varie maniere alla loro reciproca valorizzazione. Oltre alla varietà dei settori in cui operano e sono o sono stati attivi, i premiati rispondono a criteri di rappresentanza geografica, pertanto espressione di una Svizzera multiculturale e multilingue e, senza fissare quote specifiche, anche di genere. I loro nomi vengono segnalati pdai territori – vale a dire dalle tre principali realtà linguistico-culturali elvetiche: tedesca, francese e italiana – dove la CCIS, presente con i propri uffici (Zurigo, Ginevra e Lugano), le raccoglie, interloquendo con le associazioni locali e con la rete diplomatica consolare. Le candidature vengono poi vagliate da un Comitato ad hoc della CCIS, che provvede a nominare i premiati per l’anno di riferimento.
A marzo sono stati premiati, in una serata di gala, ben nove numeri uno per l’anno 2024. Ce ne sono ogni anno così tanti?
Sono talmente tante le esperienze e i settori in cui queste vengono vissute e sviluppate, che ogni anno è difficile limitare il numero dei premiati. Si è comunque deciso di non eccedere la svolge dei 10. Questo fatto non sminuisce il valore del riconoscimento, al contrario lo valorizza, esprimendo quello che in fin dei conti costituisce l’essenza del premio stesso. Infatti, al di là della precisa intenzione di far conoscere e riconoscere queste esperienze e le persone che le vivono, il premio veicola il messaggio che in realtà I numeri UNO sono davvero tanti. In altre parole: ciascuno di noi a modo suo lo può essere. Per sé sicuramente, potenzialmente anche per gli altri.
Tra tutte le storie raccontate, una in particolare ti ha colpito e perché?
Le storie raccolte nel volume che seguono il percorso umano dei premiati, storia che sono i premiati a raccontare e che io sintetizzo, talvolta anche selvaggiamente, per la pubblicazione nel volume che accompagna il Premio, hanno ovviamente tutte il pregio dell’unicità. Per me, ascoltarle è un privilegio che si rinnova ogni anno. Perché ogni volta mi accorgo che ciascuna mi riserva il piacere della scoperta. Mi apre finestre su orizzonti imprevisti della cui profondità non ero consapevole. Anche quando i premiati, non è la regola, ma ovviamente accade, sono personaggi noti al grande pubblico e magari io stesso come giornalista naturalmente curioso ho la presunzione di conoscere, mi redo conto che tal presunta conoscenza è puramente superficiale. Circoscritta a tutto ciò che è di dominio pubblico. Incontrali, ascoltarli mi consente, e spero consenta anche ai lettori del volume, di andare oltre quello che è di dominio pubblico. Ricorrendo ad una metafora teatrale posso dire che ho la possibilità di non limitarmi a registrare ciò che accade sulla scena, ma anche di gettare uno sguardo, per quanto fugace e rispettoso, dietro le quinte
Dopo cinque edizioni del Premio, con le interviste e le ricostruzioni di storie, hai mai capito se c’è un filo che lega queste persone e come fanno diventare dei” numero uno”, mentre tante altre non ci riescono?
Disciplina? Passione? Talento? Tenacia? Forza di volontà? Sacrificio? Impegno? Ambizione? Fortuna? Il caso? In dosaggio diverso, un misto di tutto un po’. Credo comunque che una molla sia anche quella di dimostrare, prima di tutto a sé stessi, che si è capaci di raggiungere l’obiettivo prefisso. Dopo di che, va da sé che alcuni fattori, pur se non necessari, aiutano: l’ambiente famigliare, le condizioni economiche, positivi modelli di riferimento.
Quali sono le caratteristiche che tu identifichi, se ci sono, ogni volta in un numero uno?
Non saprei, o quantomeno non sono in grado di stilare una casistica di possibili caratteristiche. Ciascuno di loro è naturalmente, direi anche fisiologicamente, caratterizzato da tratti distintivi connessi al carattere e al percorso che ha fatto. Tutti, con sfumature più o meno marcate, sono accomunati dalla volontà, persino dal desiderio, di restituire. Nel senso di potere ridare, con modalità e tempistiche diverse, ciò che hanno ottenuto. Ecco direi che tratto distintivo comune potrebbe essere la consapevolezza di essere diventati quello che sono, anche per il fatto di aver ricevuto un sostegno. Talvolta è la formazione, talaltra un incontro.
Sembra che questi numero uno siano persone, al di fuori del comune, ma leggendo le loro storie, raccontate nel tuo libro, ci si accorge pagina dopo pagina che appena si toglie il velo di una lettura superficiale di perfezione, alla fine sono persone, e come tali hanno avuto inizialmente, dubbi, ostacoli che fanno parte delle nostre vite tutti i giorni?
Non so se siano fuori dal comune. Se ci riferiamo ad alcune delle loro traiettorie professionali, sicuramente lo sono. So però che sono delle persone, con i loro pregi e le loro debolezze. A prescindere la loro funzione da ciò che eventualmente rappresentano in ambito professionale, dai nostri incontri emergono loro normalità, la loro umanità, la loro naturale predisposizione alle emozioni.
Quello che non accoglie e capisce un Paese, magari è la svolta in un altro, come si cerca il paese ideale per sperimentare la meglio i propri talenti?
Credo che la discriminante sia non il come, ma il cosa si cerchi. E qui la risposta è una sola parola: opportunità. Che si declinano nella concretizzazione del proprio talento, nel riconoscimento delle proprie competenze, pertanto di un compenso conforme, nella certezza che il merito sia premiato, nelle possibilità di carriera, in un ambiente di lavoro, o prim’ancora di vita, adeguato.
In base a questo, e dopo tanti anni di incontri con l’italianità, che cambiamenti fondamentali, negli ultimi decenni ci sono stati, negli italiani in Svizzera in particolare?
Da quando “gli albanesi eravamo noi” – e sarebbe bene non ce lo scordassimo - a quando “gli albanesi sono diventati altri”, in mezzo c’è un lungo percorso di circa mezzo secolo caratterizzato da un faticoso e non uniforme processo di integrazione e di accettazione. Oggi, fatte salve eccezioni che ancora ci sono, e senza la pretesa di fornire chiavi di lettura sociologiche, gli italiani stabilmente residenti in Svizzera - che sono oltre 700mila, il 60% dei quali, dato non irrilevante, ha anche la cittadinanza svizzera – condividono, né più né meno, la condizione della comunità locale. In generale, credo si possa dire che l’italianità venga esibita, anche qui valgono le eccezioni, con una certa fierezza, in quanto giustamente considerata come un valore aggiunto. Lo stesso non si può dire per la nostra lingua, che arranca. E qui, qualche responsabilità anche i nostri connazionali qui in Svizzera ce l’hanno. Ma il discorso si farebbe lungo e piuttosto accidentato.
Stai già lavorando alla prossima edizione dei Numeri Uno? puoi farci qualche anticipazione?
La fase attuale è quella della raccolta delle candidature. Dopo l’estate, si provvederà a designare i premiati per l’edizione 2025 e a verificare la loro accettazione. A quel punto, inizieranno gli incontri. Seguirà la redazione e poi la pubblicazione del volume. In concreto, i nomi dei premiati saranno resi pubblici solamente in occasione della cerimonia di premiazione prevista nella primavere del 2026. In, fin dei conti succede anche con la premiazione degli Oscar….
quindi non ci resta che aspettare …..
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