Andrea De Carlo e RegulaIn occasione della lettura del suo ultimo romanzo Lei e Lui, organizzato dalla Buchhandlung im Volkshaus in collaborazione con l’Istituto Italiano di Cultura di Zurigo e il Diogenes Verlag Zürich, in una tiepida serata primaverile, la voce di Andrea De Carlo ha dato vita ai suoi personaggi, per la versione italiana, mentre per la traduzione tedesca Sie und Er, l’attrice Regula Imboden, ha interpretato le pagine in tedesco. Una lettura coinvolgente, che ha portato il pubblico ad un incontro vero con la letteratura. Noi abbiamo incontrato Andrea De Carlo, prima dell’incontro con il pubblico, e con Lei e Lui, il libro inizia con un incontro scontro, un incidente in auto tra Claire e Daniel, destini che si incrociano, vite che si stravolgono, passione, sentimenti, fughe da Milano su una vecchia Jaguar fanno sembrare davvero reale la possibilità di vivere anche nella vita di tutti i giorni dei momenti così….( A lato Regula Imboden con Andrea De Carlo durante la lettura alla Buchhandlung im Volkshaus ).

Intervista:  

 

librodecarloChe affinità ci sono tra lei e Daniel Deserti, il protagonista di Lei e lui, perché leggendolo bene dentro questo personaggio un po’ di Andrea De Carlo si trova… 

Inevitabilmente, all’inizio me lo sono immaginato molto diverso da me, con un atteggiamento da scrittore disperato, disgustato dal suo lettore dai suoi lettori, dal suo ruolo, cose che io non sono per fortuna e spero di non arrivare mai ad un punto di questo tipo. Però facendo il mio stesso lavoro, avendo tanti punti di contatto, mi immagino come potrei diventare io in una situazione in cui io non riuscissi più a scrivere, non avessi più idee e cominciassi anch’io ad odiare il miei lettori come fa lui. I lettori di Deserti, si aspettano sempre qualcosa da lui, e quando li incontra li vede un po’ come un nemico, perché lui è ad un punto dove sa che non può più dare niente. Evita le persone che possono avere delle pretese sui di lui.

 

Quindi lo stesso rapporto che ha con le donne… 

E con le donne anche ha un atteggiamento oramai di cinismo , è arrivato un punto in cui pensa che tutto sia un imbroglio e un illusione. Infatti mi divertiva l’idea di raccontare una storia d’amore tra due che non hanno intenzione di innamorarsi. Una storia tra due disillusi dall’amore, per ragioni diverse, ma disillusi. Lei, Claire è in un territorio realistico, in cui capisce che sogni e realtà non coincidono, e preferisce stare con Stefano, una persona seria, carina, anche se noioso e non innamorata di lui…

 

Ma Stefano rappresenta la stabilità… 

Si infatti, la stabilità e poi come succede nella vita, rispetto alle sue ultime esperienze precedenti la sua ultima intenzione al mondo è buttarsi di nuovo in gioco in una storia con un uomo complicato e difficile. Dall’altra parte poi Daniel, è arrivato oramai a pensare che ha chiuso con le donne, almeno sentimentalmente parlando.

 

Ad un certo punto del romanzo di dice che “l’amore è una grande illusione”, è davvero così? 

No io non lo penso affatto, e questo poi lo capiranno anche loro man mano che la storia va avanti, la mia idea è questa. Si può teorizzare e razionalizzare tutto quello che si vuole ma l’amore, per me continua a restare una delle grandi speranze, ma se una persona è viva e ha delle sensazioni e dei sogni , cerca qualcuno con cui condividere le cose qualcuno che in un certo senso ti completi ti dia una parte di se che la parte che ti manca.

 

Perché nella vita reale noi scappiamo sempre da qualcosa che ci attrae e che potrebbe renderci più felici e ci rifugiamo dentro a rapporti standard… 

C’è un rischio implicito sempre, una storia come questa è estrema, fin dall’inizio è chiarissimo che un uomo come lui per lei è più rischioso, perché non si sa cosa faccia, cosa voglia, posseduto dai suoi umori estremi, ma al di là del romanzo, c’è un parte di rischio al di là di questa storia, e ogni volta che cerchiamo qualcosa, noi non sappiamo dove trovarlo e non sappiamo dove sia, la mia idea è questa non la troviamo quando la cerchiamo, sarebbe comodo ma non funziona. Spesso ci capita di privilegiare la familiarità, quello che conosciamo perché ci rassicura, che non è rischioso.

 

Questo esser cauti però ci aiuta a non fare troppi errori? 

Il rischio è proprio quello di sbagliare, di prendere una cantonata, di perdere la testa per una persona che non va bene per noi…

 

Però nel corso della vita succede a tutti prima o poi… 

Si quello è il bello dell’imprevedibilità. Un po’ come nel mio libro, Daniel sembra essere un uomo impossibile di cui innamorarsi, troppo sistematico, ha bisogno di elaborare le cose, di fare programmi a lungo termine….se noi abbiamo dei sogni, dei desideri delle emozioni, è normale che prima o poi ci si lasci andare in una storia di questo tipo.

 

Quanto tempo le ha richiesto la stesura del romanzo? 

Più o meno un anno di scrittura. Tra un libro e l’altro faccio passare un anno in cui non scrivo, faccio altro, viaggio, giro, faccio fotografie, e quindi c’è una fase dove la storia prende inizio, poi mi dedico alla sua stesura vera e propria.

 

Le mai successo di odiare dopo un po’ il personaggio che ha creato, di non sopportarlo più? 

Certo, ho sempre dei sentimenti contrastanti, soprattutto volevo che mi fosse antipatico, indisponente. Daniel ha delle caratteristiche, che ad alcuni danno un fastidio immediato, dice la verità ma in un modo che può far male, più scrivevo di lui più avevo simpatia per lui, è un processo di identificazione inevitabile , ci convivo così a lungo per un anno sia che lui che con lei, e alternando i capitoli, usando il punto di vista di Daniel e quello di Claire, ho immaginato anche il punto di vista di una donna che forse non avevo fatto cosi tanto in passato, per cui anche questo è stato molto interessante come esperienza, penso che tutto cambia parecchio la percezione, la prospettiva. 

 

A volte di due punti vista, sembrano anche scritti da due persone diverse… 

Mi fa piacere, perché era quello che volevo. La mia scommessa era questa, mi son reso conto dall’inizio che il libro non avrebbe avuto senso se Claire non fosse stata altrettanto credibile come Daniel. Lui ero sicuro di poterlo rappresentare, perché uomo e scrittore, in modo credibile. Il problema era lei, i suoi sentimenti, il suo modo di percepire le cose.

 

Per la figura di Claire, si è ispirato ad un personaggio reale? 

In realtà più di uno. Quello che succede con i personaggi dei romanzi è che l’ispirazione si mescoli, quindi due o tre persone reali, poi ci aggiungi di tuo, immagini altro.

 

Perché i personaggi devo scappare da Milano, per essere se stessi e lasciarsi andare? 

Andandosene in un certo modo tutti e due si aprono al nuovo in un territorio neutro, in posti dove non hanno ruoli definiti.

 

E la scelta dell’auto una Jaguar con il tetto sempre aperto, anche questo è un elemento che è servito per sottolineare l’apertura? 

Immaginavo simbolicamente un’auto che non isolasse i protagonisti. Di solito l ‘abitacolo dell’automobile è come una capsula che ci isola e ci protegge al tempo stesso, ci toglie il contatto con la natura, gli odori e il paesaggio. Mi immaginavo uno come lui, che avesse una macchina che lo rispecchia, anche il tettuccio sembra sempre sul punto di cedere di essere strappato via, quindi niente di definitivo. 

 

Nell’ambientazione, troviamo la storia che si sviluppa tra Milano, la Liguria e il Sud della Francia, come mai questa scelta? 

Sono posti che conosco molto bene e sono posti che in un certo senso sono il contrario della città di provincia industriale che Milano ancora è, e sono luoghi dove ci sono molti colori, odori, sensazioni, sostanzialmente geograficamente sono molto vicini, quindi c’è questo senso di continuità sia per lui che per lei, rappresentano luoghi più sensuali, più sensoriali, un maggior contatto con la natura esteriore ed interiore.

 

Lei si ricorda il primo pezzo in assoluto che ha scritto? 

Precisamente no, però le prime cose le ho iniziate a scriverle al liceo quando avevo sui sedici anni , ed erano delle descrizioni dei miei compagni di scuola, dei mei professori, e poi da li ho scritto delle piccole commedie o piccoli racconti.

 

Quando ha capito che avrebbe fatto lo scrittore? 

Dopo il liceo ho scritto molto, lettere, saggi, ho viaggiato molto, ho fatto molte esperienze. Ho cominciato poi a scrivere il mio primo romanzo Treno di panna, dopo tutto questo, a quel punto mi son reso conto che era proprio quello che volevo fare, credo sia così per uno scrittore, prima ci vuole un lungo percorso in cui cominci ad avere delle cose da raccontare, e poi devi scrivere molto, per trovare uno stile tuo.

 

Quindi c’è bisogno di molta gavetta. 

Si secondo me si, devi scrivere molto, non esistono gli enfant prodige, forse ogni tanto se ne sente qualcuno ma dura il tempo che trova. Per andare avanti hai bisogno di avere una tua voce originale, di maturare e imparare ad usare lo strumento della scrittura.

 

Nella sua lunga carriera, ha mai avuto un momento di blocco della scrittura, o di insofferenza verso quello che fa ? e come l’ha superato? 

Si ho avuto dei momenti di crisi, me ne ricordo uno in particolare, che è stato dopo aver pubblicato i mei primi due libri mi è capitato di conoscere Federico Fellini di lavorare nel cinema, e lì ho avuto sensazioni di perdere di vista quello che era il mio vero modo di esprimermi. Ho cominciato a pensare che avrei voluto iniziare a fare dei film, e ho passato un periodo di grande confusione dal quale sono uscito buttandomi poi a capofitto a scrivere riscoprendo il piacere e la libertà della scrittura.

 

Lei è sempre stato al di fuori dei circoli dei premi letterari, addirittura li ha evitati dall’inizio, una scelta molto radicale che poteva veramente penalizzarla molto, non aveva paura di rimanere tagliato fuori?

 Mi sono penalizzato molto in realtà, perché quando è uscito il mio primo libro c’era il mondo della letteratura e dei letterati che mi aspettava, in generale ho avuto una grande accoglienza. Io poi, ho scoperto presto che quel tipo di mondo non mi interessava, non mi appassionava. Un ambiente, dove tutti parlano di altri libri e di altri autori, dove a mio avviso, non c’è un rapporto di entusiasmo con la scrittura, e quindi per scelta non ho voluto farne parte e naturalmente è una cosa che paghi, perché poi finisco con l’odiarti. Perché da un lato si sentono snobbati e non accettano che qualcuno si possa sentire diverso da loro, non meglio, ma diverso, di non appartenere a quel mondo ed è stato un atteggiamento che ha dato fastidio. È una scelta che poi ho pagato, anche se non si direbbe.

 

Negli ultimi anni, c’è una grande produzione di libri, tutti scrivono tutto, questo non va a svantaggio dei lettori, che si vedono proporre sempre meno libri qualitativi? Non c’è il rischio di disinnamorarsi della lettura? 

Potenzialmente viene portato via tanto, dovrebbero essere i lettori, che una volta cominciato a leggere qualcosa che non li convince si dovrebbero da soli indirizzare verso altro. Penso a tutti i ragazzini che hanno iniziato leggendo i romanzi di Moccia per esempio, da un lato se serve a cominciare per diventare dei lettori, e poi si va oltre va benissimo, ma una cosa molto brutta, sarebbe quella che prevalesse lo svilimento di auto miglioramento che ognuno compie leggendo un buon libro. Se leggo un libro che mi piace che mi appassiona, ho la sensazione anch’io di migliorare, quando leggi delle porcherie ti sembra di buttare via il tuo tempo.  

 

Anche nel romanzo si parla proprio di questo e della proliferazione degli scrittori, nel settore dell’e- book… 

Si c’è un personaggio che è un tipico rappresentante del genere, che fa comodo a certi editori. Comici televisivi, calciatori, giornalisti, politici, sono già conosciuti e si auto promuovono e per un editore è fantastico, perché basta mettere la loro faccia sulla copertina del loro libro che il gioco è fatto, sono galline dalle uova d’oro. È un meccanismo pericoloso e distruttivo, perché la gente potrebbe abituarsi a leggere solo quello, con enorme distrazione oppure perdere la voglia di leggere.

 

Questo non potrebbe far morire un certo tipo di scrittura? 

Io non lo so, chi scrive credendoci, avendo voglia di affrontare dei temi, in un certo senso è ancora più motivato a farlo. Io continuo a fare il mio percorso, son fortunato ad avere dei lettori, e questo mi aiuta a trovare nuove convinzioni. Mi capita a volte, di incontrare un bel pubblico, in città sperdute dove non c’è neppure un cinema e dove uno pensa chissà se la gente legge, invece son proprio luoghi dove le serate letterarie vanno molto bene, e il pubblico è più appassionato e presente.

 

Lei oltre ad essere un grande scrittore, è anche un grande lettore? Che cosa sta leggendo? 

Si solito quando lavoro, non leggo altri romanzi ma piuttosto biografie o libri storici, adesso sto leggendo un libro sul conflitto di Leonardo da Vinci e Michelangelo scritto da uno storico americano che si chiama Graham. Sono personaggi con stili e caratteri diversi, mi incuriosiva, e mi incuriosisce la storia in generale. Da parecchi mesi sto lavorando ad un nuovo romanzo, quindi con i saggi storici mi rilasso.

 

Ci può dare qualche anticipo del suo nuovo romanzo? 

Una cosa che posso dire, che in Lei e Lui i capitoli si alternano con la storia dei due personaggi, nel nuovo libro i punti di vista sono quindici, sono uomini e donne diversissimi, tra di loro, ed è un lavoro che mi assorbe totalmente. Sono molto coinvolto, ma è anche estremamente logorante perché in ogni capitolo devo cambiare punto di vista, modo di pensare…davvero complicato.

 

Nel periodo in cui scrive, che cosa riesce a fare d’altro? 

Quando scrivo così tanto non riesco a fare niente altro. Per scrivere mi devo isolare, ho bisogno della solitudine, di giorno mentre lavoro ho bisogno di stare tranquillo.

 

L’ultima domanda glielo pongo sul personale, lei è un grande scrittore, un bravo fotografo, attento all’ecologia, un uomo sensibile e affascinante, ma un difetto vero ce l’ha? 

( Andrea De Carlo ride e risponde ): dovrebbe chiederlo a chi mi conosce, ma io me ne riconosco tanti, ma il più grande forse è quello di essere troppo impulsivo emotivamente. A volte prevalgono i sentimenti sulla razionalità, non solo verso persone, ma anche verso un luoghi o idee da realizzare.

 

Qual è l’ultima pazzia che ha fatto per amore?  

È stata quella di precipitarmi ad un incontro che non avevo preventivato, con una persona che non conoscevo e della quale avevo sentito solo la voce al telefono, immaginando che potesse essere un incontro meraviglioso, e poi per fortuna è stato così. Mi sono lasciato trasportare da un momento di irrazionalità.

 

Quando uscirà il suo prossimo libro? 

Se tutto va bene nell’autunno di quest’anno.

 

Allora a presto e chissà dopo Lei e Lui, con che cosa ci sorprenderà Andrea De Carlo.  

www.andreadecarlo.com - www.iiczurigo.esteri.it - www.volkshausbuch.ch

 

Trama: In un giorno di pioggia torrenziale Dario Deserti, autore del bestseller internazionale “Lo sguardo della lepre” e di altri romanzi di minor successo, ubriaco e in piena crisi creativa, provoca un incidente con la sua vecchia Jaguar. Ferito e semi-incosciente, viene soccorso dall’occupante dell’altra automobile, Clare Moletto, un’americana che vive in Italia da anni. Da questa premessa traumatica si sviluppa un rapporto che, passando dall’ostilità alla curiosità all’attrazione più incontrollabile nel corso di un’estate caldissima, finirà per stravolgere irrimediabilmente le vite di entrambi i protagonisti. Scritto a capitoli alterni dal punto di vista di Clare e da quello di Dario, ambientato a Milano, sulla costa della Liguria, nel sud della Francia e a Vancouver, “Lei e Lui” è una storia d’amore appassionante che va dritta al cuore dei sogni, delle difficoltà, degli slanci e delle contraddizioni tra un uomo e una donna nel mondo di oggi.

 Andrea De Carlo (Milano, 1952) è uno dei più famosi scrittori italiani. Dopo essersi laureato in Lettere moderne gira il mondo passando lunghi periodi negli Stati Uniti e in Australia dove inizia a scrivere il suo romanzo d’esordio, in inglese, Cream Train che poi sarà portato a termine e pubblicato nel 1981 in italiano con il titolo Treno di panna. Ha pubblicato numerosi romanzi come Uccelli da gabbia e da voliera (1982), Macno (1984), Due di due (1989) Arcodamore (1993), Uto (1995) Giro di vento (2004), Mare delle verità (2006), Durante (2008), che hanno riscosso grande successo e che sono stati tradotti in oltre 20 lingue. De Carlo è anche autore di racconti e di poesie ed è appassionato anche di musica e fotografia.