ervasDocente liceale di professione, Fulvio Ervas, nella foto a sinistra, dal 1999 entra anche nel panorama degli scrittori italiani quando insieme alla sorella Luisa vince la XII edizione del premio Italo Calvino, con il racconto La lotteria. La pubblicazione avviene con la casa editrice Marcos y Marcos, con la quale inizierà una proficua e continua collaborazione.

 

Con una serie di romanzi ambientati nel nord est, rende famoso il suo protagonista l ispettore Stucky e mette in risalto luoghi e paesaggi a molti sconosciuti del territorio. Nel 2012, raggiunge un grande pubblico con Se ti abbraccio non avere paura”, parla di autismo, del rapporto tra padre e figlio, raccontando di un viaggio fatto da Franco e Andrea Antonello alla scoperta del mondo e del proprio io. Il suo ultimo lavoro, “Tu non tacere”, parte anche questo da una storia vera di un suo studente, che morto il padre in circostanze non chiare chiede aiuto al suo insegnante di scienze…ecco che la realtà invade un romanzo che fino alla fine vuole lasciare molto ai suoi lettori. Leggete come si racconta Fulvio Ervas nella nostra intervista.  

 

Che cosa è la scrittura per Lei?

Una ginnastica per la mente.

Quando ha scritto un pezzo per la prima volta?

Fiabe per mia figlia.

Ha mai pensato di lasciare la Sua carriera d’insegnate per fare lo scrittore a tempo pieno?

No. Insegnare mi piace ancora molto.

Come nascono le Sue storie?

I romanzi gialli, quelli con l’ispettore Stucky per intenderci, nascono da una fitta lettura della cronaca locale. I personaggi sono, spesso, acciuffati dalla strada, dal bar, dal mercato: uomini e donne che colpiscono l’immaginazione. Le altre storie nascono da altri libri, da suggestioni, da interrogativi che mi pongono le intelligenze di scrittori e saggisti.

Quando si scrive, è facile staccarsi dai personaggi o al contrario è difficile a volte scrivere obiettivamente?

Mi sento sempre molto coinvolto in ogni singola storia, anche se poi le “dimentico” scrivendo la successiva. Alcuni personaggi mi tengono compagnia, altri li lascio andare e chissà dove si perderanno, nel mondo.

Lei è molto legato al territorio, dove è nato e cresciuto, nelle Sue narrazioni, che cosa ama di più della Sua città e che cosa meno?

Amo camminare, attraversare un territorio. Non amo per niente le strutture urbane e non potrei vivere in una grande città. Vivo nel trevigiano, che è una terra d’acque. Il fiume Sile mi è molto caro, le risorgive, il flusso dolce. E’ ammaliante, armonioso come un pensiero Zen. Lo scrivo nei libri, e lo dico sempre, se fossimo stati più bravi e lungimiranti, e meno avidi, un territorio così bello sarebbe stato un Paradiso.

Quali sono stati i Suoi maestri, di riferimento nella scrittura?

Ho amato il primo Kundera, Nabokov, il Benni di “Terra”, Pennac. Fred Vargas è la mia scrittrice di polizieschi preferita. Ma poi tanti, tanti, tanti saggi scientifici.

Quali sono in questo momento, gli scrittori italiani più interessanti, secondo Lei?

Posso dire cosa sto leggendo (o letto negli ultimi mesi): Matteo Strukul, Giuliano Pasini, Massimo Carlotto, Santo Piazzese, tra i giallisti. Sto affrontando l’ultimo romanzo di Alessandro Baricco e l’ultimo di Antonio Moresco.

Come vede il panorama letterario italiano?

Un po’ ripetitivo e un po’ frizzante. Come l’Italia.

Il Suo ultimo libro, ‘Tu non tacere’, affronta un tema molto delicato, quello sul diritto alla salute, è stato facile affrontare un tema del genere, quali sono state le sue ricerche, e la storia ha qualche cosa di vero?

Il tema della salute e del sistema sanitario sono stati poco narrati. La singola malattia sì, è ben presente nella letteratura. Ma io credo di essermi cimentato con un macrotema, che può essere raccontato anche da altre prospettive. Un tema di cui ciascuno ha fatto esperienza ed ha una opinione. La salute- Sanità è’ il luogo di intersezione tra il bisogno di cura e la domanda di cura. Perché un sistema sanitario è l’incrocio degli incroci, attraversato da scienza, economia, politica, aspettative, paure e speranza. E’ un indicatore di civiltà. E’ un tema difficile, su cui da molti anni leggo e rileggo e adesso ho provato ad esplorare.

Lo spunto parte da una storia vera: un errore medico che condanna un padre di famiglia ad una grave invalidità. Il protagonista, Lorenzo, è  un giovane che non si accontenta dell’evidenza dei fatti e va avanti per fa luce nella vicenda che ha colpito la sua famiglia in particolare suo padre. In aiuto arriva anche un professore che aveva al liceo, quanto di autobiografico ha quest’ultimo personaggio?

Affido a Lorenzo un doppio compito: quello del giovane aspirante medico che indaga le implicazioni morali della sua futura attività e quella del giovane che caparbiamente cerca verità e giustizia. Per dire che i giovani non sono tutti “sdraiati”. Gli fa da spalle un insegnante, che sono un po’ io.

Ma io sono più noioso del prof del romanzo.

Pensa davvero che i giovani di oggi siano abituati alla ricerca della verità o si accontentino dell’evidenza dei fatti con rassegnazione?

Dare una valutazione su una generazione che ti succede, è sempre difficile. Abbiamo parametri e esperienze diverse. Non viviamo nello stesso spazio-tempo dei nostri figli. Posso dire che questi sono tempi davvero complessi e, forse, non abbiamo energia e disponibilità a sufficienza per fornire ai giovani strumenti per decodificare il mondo. C’è, davvero troppo rumore.

Ma è un mondo di cui noi, generazione parentale, portiamo piena responsabilità.

L’Italia sembra essere un paese, dove nessuno sbaglia mai…questa è una frase del libro, ma non crede sia colpa nostra se siamo a questo punto?

La difficoltà nell’assumersi delle responsabilità personali, di condividere con una comunità interessi e obiettivi sono un limite del nostro paese. Credo che la sua tormentata storia statale e religiosa abbia educato una “sensibilità” troppo attorcigliata.

Lei è insegnante di liceo, come vede i giovani di oggi? Potranno davvero far cambiare le cose in un Paese, dove sembra che l’immobilità regna sovrana?

Mai come oggi c’è necessità che menti giovani rimescolino questo paese vecchio. Ma i vecchi non mollano. Troppi adulti continuano a dire ai giovani che questo paese non ha futuro (dopo che in gran parte se lo sono mangiato loro nei tempi andati) ed è un pessimo modo per scoraggiare la concorrenza dei competitori.

Non dobbiamo mai togliere speranza ai giovani, è un errore che pagheremo caro.

In Italia si legge sempre meno, ma ci sono sempre più scrittori, non è una contraddizione?

Si leggono meno libri e molte pagine web: si ama il rumore, piuttosto che informazioni riflettute. Il libro è un dissuasore della velocità futile, come quelli che si mettono sulle strade. In quest’epoca che ha corso, ma sta rallentando malamente, si dovrebbe tornare al libro, almeno per sentire il proprio pensiero dare voce a delle storie. Poi, in un mondo dove tutti si sentono allenatori della nazionale di calcio, tutti si sentono scrittori.

Poi, però, bisogna scrivere.

Che cosa farà da “grande” Fulvio Ervas?

Continuerà a piantare verdure nel suo orto.

 

Tu non tacere.

Trama.

La strada buia, i lampi dei fanali, la testa piena di pensieri; l’auto pirata appare in un istante e di colpo il mondo è a testa in giù. L’ospedale è un faro nella notte. Promette cura, salvezza, che tutto quanto è possibile si farà. C’è una vita, in gioco, e Paolo Vivian non vivrà. Lorenzo è suo figlio e non è per niente ‘sdraiato’. Studia medicina, sa che sbagliare è umano, ma ci sono posti dove un errore costa molto di più. Mentre studia, mentre nuota, mentre bacia Michela, un tarlo lo accompagna: nei fotogrammi mentali del pronto soccorso qualcosa non torna. La madre vorrebbe solo dimenticare, Lorenzo non può permettersi un avvocato e i medici si appellano alla tragica fatalità. La sua sete di chiarezza tocca nel cuore il vecchio prof di scienze del liceo, paladino del corpo umano e della fotosintesi clorofilliana. Insieme, affidano il caso alla TNT: tre donne toste, Tosca, Norma e Tina, che del diritto alla salute sono sceriffa, contabile e poeta. Passo dopo passo, conquisteranno il giorno della verità.

Partendo da fatti reali, Tu non tacere si avventura in punta di piedi all’incrocio degli incroci, dove scienza, speranze di vita, umanità e professionalità del medico affrontano le contraddizioni di un sistema molto complicato. Ci ricorda la cura che dobbiamo al nostro corpo, e alla rete formidabile delle persone che amiamo; che un figlio per crescere deve alzarsi in piedi e, almeno nel ricordo, guardare negli occhi suo padre.

 

 

Casa editrice   www.marcosymarcos.com