Il libro “Italiani nel cuore”, di Giuseppe Arnone, pubblicato recentemente da Rubbettino e curato da Nunzio Panzarella, pone un accento diverso sul tema dell’emigrazione. Arnone, che è anche presidente della Fondazione Italiani in Europa, ha voluto affrontare l’emigrazione di oggi, comparandola a quella di un tempo. Il quadro che ne viene fuori, in un clima radicalmente diverso rispetto a quello del Dopoguerra, è che l’emigrazione italiana sia mutata in modo assoluto, tanto che oggi più che di emigrati sarebbe opportuno parlare di expat, nel senso anglosassone della parola, portatori del soft power culturale italiano all’estero, in virtù di skill e know how elevati, (diametralmente opposti agli italiani, senza formazione, che emigravano negli anni ’50 o ’60).

Il pamphlet ha incassato anche attestati di stima da parte di personaggi della cultura come Vittorio Sgarbi, che ne ha scritto la prefazione, affermando che “l’Italia sta vivendo una nuova stagione migratoria, ma le conseguenze di questo percorso sono apparse nell’ultimo quinquennio aggravando una strada che l’Italia sta pericolosamente percorrendo velocemente e a senso unico, caratterizzata da svuotamento e spopolamento, dove alle partenze non corrispondono i ritorni”. Questa analisi è più che attuale ed è confermata da prove evidenti come la Fondazione Migrantes in un suo studio ha dimostrato. Nell’anno del covid l’Italia ha perso, infatti, 384 mila residenti sul suo territorio e ne ha guadagnati 166 mila all’estero. Se non ci sono delle politiche di attrazione nei confronti di una elevata ricerca di personale specializzato – è la riflessione che scaturisce dal libro - l’Italia rischierà nell’arco di qualche anno di perdere le proprie ragioni della natalità, già messa a dura prova. Accanto a ciò, il saggio-inchiesta di Arnone ha voluto porre i riflettori sulle difficoltà con cui ogni giorno i nostri connazionali all’estero devono confrontarsi nel rapporto con la PA italiana.