GOVERNO, ORA DRAGHI E’ DAVVERO PIU’ FORTE?
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- Redazione
L’emergenza sanitaria, economica e sociale in atto richiama “al senso di responsabilità e al rispetto delle decisioni del Parlamento”, a “non sottrarsi ai doveri cui si è chiamati”. Sono le parole con cui il capo dello Stato Sergio Mattarella ha accolto la sua riconferma al Colle, al termine dell'incontro con i presidenti del Senato Elisabetta Casellati e della Camera Roberto Fico, che gli hanno comunicato l'esito dell’ottavo scrutinio in cui è stato eletto presidente della Repubblica con 759 voti.
Ultimo atto formale prima del giuramento previsto per giovedì 3 febbraio a Montecitorio. Ma il rinnovato ticket Draghi-Mattarella è già realtà. “Da tutta questa vicenda il governo esce rafforzato”, si dice sicuro il segretario del Pd Enrico Letta. Ma è davvero così? Anche l’esecutivo sarà più ‘tonico’ come Piazza Affari? Intanto, il 31 gennaio e il 2 febbraio il Consiglio dei ministri ha ripreso in mano il dossier sulle misure anti Covid, già questi due Consigli dei ministri sono stati un primo banco di prova per la tenuta della maggioranza, che è tutta da verificare dopo una settimana che ha lasciato la sensazione di leadership indebolite (neanche ricevute al Quirinale da Mattarella prima dell’ottava e decisiva votazione per il presidente della Repubblica) e di fronte alla prospettiva di un rimpasto che nessuno ha il coraggio di chiamare per nome, ma che di fatto si agita come uno spettro su Palazzo Chigi. Giancarlo Giorgetti, ministro dello Sviluppo economico e numero due della Lega, non appena si è sciolto sabato il rebus del Colle, prima ha preannunciato di fatto le sue dimissioni da ministro, poi ha fatto marcia indietro comparendo davanti ai cronisti a fianco di Salvini: “Per affrontare questa nuova fase serve una messa a punto: il governo con la sua maggioranza adotti un nuovo tipo di metodo di lavoro che ci permetta di affrontare in maniera costruttiva i tanti dossier, anche divisivi, per non trasformare quest'anno in una lunghissima, dannosa campagna elettorale che non serve al paese" ha detto Giorgetti, che con il “capitano” ha chiesto un incontro a Draghi. “Ragioneremo su tutto” spiega il leader del Carroccio. Salvini, che sembra aver fallito nel ruolo di ‘king maker’ per l’elezione del presidente della Repubblica, vuole rilanciare il progetto della federazione di centrodestra, ma i toni di Giorgia Meloni sembrano tutt’altro che pacati e concilianti: "Il centrodestra è da rifondare e questo è quello a cui lavoro io da oggi” afferma in una diretta facebook la leader di Fdi, che ospite di Porta a Porta ha poi raccontato rispetto alla genesi del Mattarella Bis il 29 gennaio: “Io ho sentito Salvini l’ultima volta in mattinata mi ha mandato un messaggio e mi ha chiesto: ‘Sei in ufficio? Salgo’. Ma da allora non l’ho più sentito”. L’obiettivo di ricompattare il centrodestra sembra però confliggere con le grandi manovre in atto al centro: “Ora proporzionale e polo moderato con Fi e Renzi” dichiara il leader di Cambiamo Giovanni Toti a Repubblica il 31 gennaio. Sembra invece tornato il ‘sereno’ tra il leader di Italia Viva e il segretario del Pd: “Hanno perso i sovranisti, sintonia con Letta”, sintetizza Renzi sempre il 31 gennaio in un’intervista al Corriere della Sera. Tutt’altro che sereno, infine, il clima tra i pentastellati: “Alcune leadership hanno fallito, hanno alimentato tensioni e divisioni: dobbiamo lavorare per unire, per allargare” attacca il ministro degli Esteri Luigi Di Maio, a cui a stretto giro replica il presidente M5S Giuseppe Conte, che evidentemente si sente chiamato in causa: "Se Di Maio parla di fallimento, se di Maio ha delle posizioni, le chiarirà perché lui era in cabina di regia, come ministro l'ho fatto partecipare, ci chiarirà perché non ha chiarito questa posizione, e soprattutto ci chiarirà i suoi comportamenti, non a Conte agli iscritti". La resa dei conti, davanti a tutta la comunità pentastellata, sembra vicina.