Ri-fotografare a distanza di anni i territori colpiti da terremoti e sovrapporre le immagini attraverso software specifici per comprendere in maniera chiara e immediata i cambiamenti sul paesaggio, analizzando per via indiretta le conseguenze degli eventi sismici dal punto di vista sociale e ambientale. È quanto è stato fatto con lo studio “Landscape, Memory, and Adverse Shocks: The 1968 Earthquake in Belìce Valley (Sicily, Italy): A Case Study” realizzato dall’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) in collaborazione con l’Università degli Studi di Catania e l’Accademia di Belle Arti di Palermo.

Lo studio, pubblicato il 20 maggio sulla rivista scientifica ‘Land’ di MDPI, evidenzia come la fotografia possa essere uno strumento utile a scopi sia scientifici che divulgativo-formativi, con l’obiettivo ultimo di favorire nella popolazione la consapevolezza del rischio sismico e di altri rischi naturali. “Partendo dal corposo patrimonio fotografico d’archivio del quotidiano ‘L’Ora’ di Palermo, custodito presso la Biblioteca Centrale della Regione Siciliana, abbiamo investigato gli effetti sul territorio del terremoto che la notte tra il 14 e il 15 gennaio del 1968 colpì la Valle del Belice, nella Sicilia occidentale”, spiega Mario Mattia, ricercatore dell’INGV e co-autore dello studio. “Attraverso un lavoro di campagna svolto nel 2020, abbiamo ri-fotografato quegli stessi luoghi per rilevare la configurazione territoriale più recente e valutare l’impatto del sisma nel tempo”. La ri-fotografia è una tecnica spesso utilizzata in sociologia e geomorfologia poiché è in grado di restituire un’efficace narrazione didascalica dell’evoluzione di fenomeni sociali e naturali. Utilizzare lo strumento fotografico (e ri-fotografico) per parlare di rischi naturali può rappresentare un’opportunità per migliorare la percezione del rischio e la resilienza nella popolazione. Il Prof. Gianni Petino dell’Università di Catania aggiunge invece: “È all’interno del progetto “Belìce +50” che matura la collaborazione tra l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, il Dipartimento di Progettazione e Arti Applicate dell’Accademia di Belle Arti di Palermo e il Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali dell’Università di Catania. Tale collaborazione ha già prodotto il primo volume a stampa edito dall’INGV dal titolo ‘Belìce Punto Zero’ e vede adesso la realizzazione di un articolo scientifico sulla prestigiosa rivista Land-MDPI che prosegue il processo di analisi del territorio belicino. Le attività di ricerca hanno, tra gli altri, almeno due ordini di riferimento, uno nella mitigazione del rischio sismico e l’altro nel mantenimento della memoria delle comunità locali per una resilienza trasformativa".