Uno studio, coordinato dall’Istituto di geologia ambientale e geoingegneria del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Igag) e dall’Università degli Studi Roma Tre e pubblicato su Nature Communications Earth & Environment, descrive come la formazione di nanocristalli (anche detti nanoliti, fino a 10.000 volte più piccoli di un capello umano) in magmi basaltici, possa essere indotta da minime differenze composizionali, in particolare, un più alto contenuto in metalli come titanio e ferro. Gli autori dimostrano che la formazione di nanoliti ha un impatto rilevante sui meccanismi di trasporto del magma che li ospita, giacché ne aumenta la viscosità e favorisce la formazione di bolle. Entrambi questi fattori figurano tra le possibili cause di eruzioni vulcaniche esplosive.


"Il nostro studio fornisce evidenza scientifica irrefutabile al fatto che il contenuto totale di ferro e titanio dissolto nei magmi può influenzare il comportamento di vulcani basaltici come Etna e Stromboli che occasionalmente danno origine a eventi esplosivi”, spiega Alex Scarani dell’Università degli Studi Roma Tre e autore dello studio. Alessandro Vona, esperto di dinamiche magmatiche ed eruzioni vulcaniche dell’Università degli Studi Roma Tre, spiega: “I magmi basaltici producono generalmente eruzioni effusive perché la loro bassa viscosità favorisce un continuo rilascio di gas, evitando esplosioni. Tuttavia, eventi esplosivi sono occasionalmente osservati presso vulcani basaltici, generando un acceso dibattito scientifico circa le loro cause. Il nostro lavoro dimostra che minime differenze composizionali possono dare il via alla formazione di nanoliti durante la risalita dei magmi, con un conseguente aumento di viscosità e intrappolamento di bolle di gas. Questi processi potrebbero effettivamente contribuire alle eruzioni esplosive di vulcani basaltici come descritto nel caso di Etna e Stromboli”.
Danilo Di Genova, ricercatore dell’Istituto di geologia ambientale e geoingegneria del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Igag) che ha coordinato lo studio insieme ad Alessandro Vona, spiega: "Questo studio rappresenta un passo ulteriore sulla via di una migliore comprensione della struttura molecolare dei magmi, che ha un ruolo fondamentale durante le eruzioni vulcaniche. Nel corso dell’ultimo decennio abbiamo raccolto innumerevoli evidenze sperimentali che ci hanno segnalato l’importanza capitale dei processi aventi luogo nei magmi alla nanoscala. Abbiamo lavorato a questo specifico studio per più di tre anni e i risultati pubblicati sono stati resi possibili solo dalla collaborazione di diversi partner europei con campi di expertise complementari, dalla vulcanologia alla scienza dei materiali”.
Alessio Zandonà, che ha partecipato allo studio presso il Cnrs-Cemhti (Orléans, Francia), aggiunge: “i risultati ottenuti con questo studio invitano le scienze della Terra a una revisione critica e sistematica dei dati finora disponibili sulla viscosità dei magmi: questi cristalli, tanto piccoli da essere pressoché invisibili se non studiati con la giusta strumentazione, possono alterare le misure di viscosità in modo significativo. Ciò significa che le attuali conoscenze sulla viscosità di fusi vulcanici potrebbero essere meno accurate del previsto”. Nella prossima fase dello studio, i ricercatori tenteranno di stabilire delle relazioni tra le osservazioni sperimentali in laboratorio e i processi naturali da studiare sul campo presso vulcani di tutto il mondo, ottenendo dei modelli capaci di predire le eruzioni su base probabilistica.
A questo scopo, un finanziamento di circa 2 milioni di euro nell’arco di 5 anni (consolidator grant, European research council) è stato attribuito dall’Unione Europea a Danilo Di Genova per il progetto Nanovolc (Nanoscale dynamics of volcanic processes: Experimental insights and numerical simulations of explosive eruptions).