SE L’INTELLIGENZA ARTIFICIALE DECODIFICA LE ESPRESSIONI FACCIALI DI LEMURI E GIBBONI
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- Redazione
Se l’applicazione dell’intelligenza artificiale è ormai di uso comune per l’individuazione e la lettura delle espressioni umane, finora la sua applicazione per specie di primati che non fossero l’uomo era inesplorata. L’Università di Torino è promotrice del primo studio orientato all’utilizzo dell’I.A. per decodificare le espressioni facciali dei primati non umani.
La ricerca, pubblicata sulla rivista Ecological Informatics, mostra come l’utilizzo delle tecniche di deep learning possa essere efficace nel riconoscere i gesti facciali di lemuri e gibboni, facilitando l'indagine del repertorio facciale e consentendo una ricerca comparativa più efficace. Gli studi sulle espressioni facciali nella comunicazione animale sono essenziali. Tuttavia, i metodi di ispezione manuale sono pratici solo per piccoli insiemi di dati. Le tecniche di deep learning possono aiutare a decodificare le configurazioni facciali associate alle vocalizzazioni su grandi insiemi di dati. Lo studio di UniTo, in particolare, indaga se si possano individuare le espressioni associate all’apertura della bocca e alle emissioni vocali. “Quando abbiamo iniziato questo studio, tre anni fa, l’applicazione delle tecniche di deep learning al riconoscimento delle espressioni facciali di specie che non fossero l’uomo era un territorio completamente inesplorato. Oggi siamo di fronte a un progresso importante dal punto di vista tecnologico che potrà trovare ulteriore applicazione su specie finora ignorate e consentirà di condurre studi comparativi su larga scala”, spiega Filippo Carugati, dottorando di Scienze Biologiche e Biotecnologie Applicate e primo autore del lavoro. Grazie alla presenza di una stazione di ricerca nella foresta di Maromizaha, in Madagascar, studenti e dottorandi dell’Università di Torino hanno potuto riprendere gli animali in natura, facendo sì che quanto indagato riguardasse non solo gibboni filmati in cattività ma anche lemuri indri e sifaka registrati in ambiente naturale. Durante lo studio sono stati utilizzati algoritmi di apprendimento automatico per classificare i gesti vocalizzati e non vocalizzati nelle diverse specie. Gli algoritmi hanno mostrato tassi di classificazione corretta superiori alla norma, con alcuni che hanno superato il 90%.