STRESS E NON SOLO: COSA ACCADE AGLI ASTRONAUTI AL RITORNO DALLO SPAZIO?
- Details
- Redazione
Navigare nello spazio non è più un privilegio riservato ad astronauti professionisti. Questo nuovo tipo di viaggio o di esplorazione si sta espandendo sempre di più ai civili. Questi ultimi però potrebbero giungere alla missione nello spazio senza aver ricevuto un minimum di training o acclimatazione ad ambienti estremi, come lo spazio stesso richiederebbe.
Questa diffusione di “space flight” pone allora nuovi importanti interrogativi e cioè quali possano essere le risposte biologiche nell’organismo dei navigatori dello spazio, siano essi ben addestrati o, soprattutto, astronauti dell’ultima ora. Non che studi sperimentali siano mancati negli ultimi decenni atti ad investigare, ad esempio, quali modificazioni possano essere impartite dalla microgravita’ sugli ormoni, il sistema immunitario, la risposta infiammatoria e comportamentale dei soggetti che compiano missioni nello spazio. La maggior parte di queste ricerche, però, è stata condotta ricorrendo a simulazioni a terra o a riproduzioni di viaggi spaziali in laboratorio usando modelli sperimentali. Ora un nuovo studio guidato dal Prof. Gerardo Bosco del Dipartimento di Scienze Biomediche dell’Università di Padova, e dalla Prof.ssa Mrakic-Sposta del CNR di Milano, e condotto in tre piloti dell’aviazione italiana che per la prima volta hanno effettuato un volo suborbitale commerciale, noto come Galaxy 01, getta una nuova luce sulle modificazioni di rilevanti parametri biologici cui possono andare incontro durante o, meglio, al rientro sulla terra, gli astronauti. Ricorrendo a tecniche molto innovative e user-friendly come il prelievo di un campione di saliva attraverso una piccola salivette, Bosco, Mrakic-Sposta e colleghi hanno dimostrato che anche una permanenza nello spazio piuttosto breve (come i circa 60 minuti della missione Galaxy 01) sia sufficiente, una volta rientrati a terra, ad alterare i livelli di molecole essenziali per il controllo della risposta allo stress o delle capacità cognitive. «Abbiamo registrato un netto calo dei livelli circolanti di dopamina, implicata nel controllo del movimento volontario e di risposte emotive, accompagnato da un aumento del brain-derived neurotrophic factor (BDNF), una proteina che presiede al controllo dello sviluppo delle cellule nervose, al loro mantenimento e funzionamento, soprattutto in condizioni di stress, e alla comunicazione tra le cellule nervose stesse – spiega il prof Gerardo Bosco -. Queste alterazioni suggeriscono un’iniziale risposta allo stress. Infatti, a queste alterazioni si è anche accompagnato un aumento significativo dei livelli di cortisolo, ovvero un ormone tipicamente rilasciato in tutte quelle condizioni caratterizzate da affaticamento, tensione e logorio fisico e/o mentale.» «Questo studio rivela anche che il volo suborbitale induce una diminuzione dei fattori che normalmente prevengono l’aumento dei livelli circolanti e tissutali di radicali liberi dell’ossigeno, instaurando quindi delle condizioni che, nel tempo, potrebbero portare ad un vero e proprio stress ossidativo generalizzato - aggiunge la prof.ssa Simona Mrakic-Sposta -. Abbiamo inoltre scoperto un incremento di particolari molecole implicate nell’innesco e propagazione della risposta infiammatoria.» «Dal ultimo - come sottolinea il dott. Angelo Landolfi, uno degli astronauti (piloti) della missione Galaxy 01, membro del servizio sanitario dell’Aereonautica Militare italiana, e docente a contratto dell’Università di Padova -, non è da sottovalutare il fatto che tutti questi fattori potrebbero eventualmente causare stress sistemico ed alterazione della funzione cognitiva laddove ci fossero ripetute esposizioni a voli suborbitali».