C’è stata una costante in questi ultimi giorni: volenti o nolenti, si è seguito il Festival di Sanremo. E il riferimento non è solo a chi si è messo comodo sul divano aspettando che Amadeus scendesse la mitologica scalinata dell’Ariston dando il via alla gara canora o a chi ha seguito con una sorta di rapimento mistico tutto quello che è accaduto nelle esibizioni degli artisti in gara, facendo calcoli complessi per vedere quanto il proprio artista sia riuscito a totalizzare al “Fantasanremo”, una sorta di Fantacalcio ma legato alla kermesse.

Ha seguito Sanremo anche chi non ha seguito Sanremo: Facebook, Twitter, Instagram colonizzati da commenti e meme, bastava accendere la radio in una frequenza a caso per sentire i brani in gara, in tv si è parlato del davanti e del dietro le quinte del Festival. I rifugi erano le piattaforme in streaming, un buon libro o l’essere eremiti. Altrimenti, Sanremo, in un modo o nell’altro, lo si è seguito. E che cosa resta di questi giorni in cui il piccolo centro della riviera ligure è stato l’ombelico del mondo? L’abito “manifesto” della co-conduttrice Chiara Ferragni, con la scritta “Pensati libera”, la storica presenza del Capo dello Stato Sergio Mattarella alla prima serata del Festival, il monologo di Benigni che, lo si voglia o meno, sa sempre come lasciare il segno. E poi Blanco, che non sente la sua voce in cuffia, e allora scalcia i fiori sul palco, distruggendo l’allestimento e beccandosi pure qualche fischio. Per carità, il fuori programma c’è sempre da aspettarselo (come dimenticare l’affaire Bugo – Morgan), ma prendersela con i fiori nella città… dei fiori, non è stato proprio il massimo. E poi il tris d’assi alla “Soldatino, King e D’Artagnan”, di quelli memorabili, di quelli che fanno e faranno sempre la storia, di quelli che restano nella memoria perché è da lì che provengono: Al Bano, Massimo Ranieri e Gianni Morandi, che hanno portato sul palco le loro canzoni immortali. Sul tema del sociale, Francesca Fagnani e il monologo scritto con i ragazzi del carcere minorile di Nisida, l’attivista italiana di origini iraniane Pegah parla dei diritti negati in Iran. Passando quindi a Fedez, che ne ha avuto un po’ per tutti, dal viceministro Galeazzo Bignami e la sua foto vestito da nazista, alla ministra Eugenia Roccella sul tema dell’aborto fino ad arrivare al Codacons. E per non farsi mancare nulla, scena hot e bacio con Rosa Chemical. In mezzo a tutto ciò Marco Mengoni, che il Festival l’ha vinto.