Il dolore è quello che il corpo umano usa per dire che qualcosa non va. Tutti, prima o poi, provano dolore. Nell’infanzia il ‘farsi male’ insegna anche quali sono i limiti del nostro corpo, fin dove ci possiamo spingere e cosa succede se lo danneggiamo. Crescendo, il dolore può giungere senza che noi riusciamo a capire il perché. “Ci sono dolori che hanno perduto la memoria e non ricordano perché sono dolori”, diceva lo scrittore italoargentino Antonio Porchia.

Ci sono dolori che da semplici ‘segnale di pericolo’ diventano cronici, persistenti, andando a ledere la qualità della vita. Ed è in questo contesto che in Italia esistono i centri per la terapia del dolore, dove si analizza il dolore, cercando di capire l’origine e come porvi rimedio: “Se dobbiamo definire cosa si intende per terapia del dolore, è la disciplina della medicina che si occupa della diagnosi e trattamento del paziente affetto da sintomatologia dolorosa acuta/cronica benigna/maligna”, spiega la dottoressa Milena Racagni (ASST Santi Paolo Carlo, Presidio San Carlo Milano; Terapia Intensiva Neurochirurgica, Terapia del Dolore), che tratterà il tema anche in occasione del 62esimo Congresso Nazionale della SNO (Scienze Neurologiche Ospedaliere), in programma a Firenze dal 27 al 30 settembre. “La terapia del dolore si rivolge a popolazione mista sia giovane sia anziana- prosegue- e trova una collazione particolare nell’ambito del cosiddetto ‘dolore nuropatico’, ovvero dolore derivante da anomala sollecitazione del sistema nervoso sia centrale che periferico. ll dolore cronico è oggi una patologia a cui si riserva poca attenzione in ambito sanitario e sociale, benché ne soffrano circa 13 milioni di italiani e 150 milioni di cittadini europei. La popolazione italiana presenta una prevalenza di dolore cronico del 21,7%. Esiste inoltre una importante disparità tra le regioni, sia per l’accesso alle cure sia come uso dei trattamenti. È fondamentale che il sintomo del dolore venga approcciato correttamente sia dal punto di vista della diagnosi che della terapia, in quanto premessa fondamentale per contenerne la cronicizzazione. Negli ultimi anni si sono sviluppati diversi Centri specializzati per la Terapia del Dolore ai quali si accede tramite richiesta del medico di medicina generale o di altro specialista, con la dicitura ‘Prima visita Terapia del Dolore’”. Ma come si può riconoscere il dolore? È possibile imparare a conviverci? Chi prova dolore a volte non riesce a identificarne la causa, con una serie di conseguenze nella propria quotidianità. Senza dimenticare che l’invecchiamento del corpo può portare con sé una serie di dolori che vanno a impattare sulla qualità della vita. “Per il paziente è molto faticoso passare da un'idea di dolore acuto, di cui ha fatto solitamente esperienza nella vita, a una di dolore cronico- spiega la dottoressa Racagni- Questo pone un primo ostacolo alla possibilità di aderire a piani terapeutici molto lunghi o addirittura che durano tutta la vita. Ricordiamo che la definizione di dolore cronico è un dolore persistente, continuo o ricorrente, che dura da più di 3 mesi. Diversamente dal dolore acuto, che è provocato da una specifica malattia o lesione, il dolore cronico diventa esso stesso malattia se non viene correttamente gestito. La terapia prevede un approccio multidimensionale e deve essere guidata dagli specialisti, evitando il ‘self-management’ che spesso porta a ritardi nella corretta diagnosi ed inficia sui risultati terapeutici. È quindi importante che i pazienti affetti da Dolore Cronico si affidino alle cure dei medici terapisti del dolore, che hanno a disposizione un’ampia gamma di farmaci come i FANS, neuro modulatori ed oppioidi. Questi ultimi giocano un ruolo importante nel trattamento del dolore severo sia oncologico che benigno, anche se i pazienti sono spesso reticenti ad utilizzarli”.