Sette imprese familiari su 10 stanno investendo in formazione tra il 2022 e il 2024, e lo hanno già fatto nel triennio pre-Covid, per fare crescere le competenze del personale impiegato ed affrontare al meglio le sfide dei cambiamenti in atto. Il 73% dei giovani imprenditori ha intenzione di investire in capitale umano, mentre a fare più fatica sono soprattutto le donne capitane di impresa (66%) e le piccole realtà imprenditoriali (65%) che più di altre avrebbero, invece, bisogno di sviluppare il bagaglio di conoscenze del proprio personale per accompagnare i processi di sviluppo.

Nel complesso, la quota delle imprese investitrici che hanno investito nel 2017-2019 e continuerà a farlo nel 2022-2024, resta più bassa rispetto a quella delle non familiari (il 69% contro il 77%). È quanto emerge dal rapporto “Strategie e politiche di formazione nelle imprese familiari” realizzato da ASFOR, Centro Studi Guglielmo Tagliacarne e CUOA Business School, su un campione di 4.000 imprese (3.000 manifatturiere + 1.000 servizi) tra i 5 e i 499 addetti, integrato da un’analisi di 10 case history di imprese leader, e presentato il 22 settembre a Roma insieme ad Unioncamere nel corso dell’evento “Il capitale umano e strategie nelle imprese familiari”. “Il modello familiare resta l’asse portante del nostro tessuto imprenditoriale, fatto prevalentemente di piccole e medie imprese - ha dichiarato in un messaggio il Ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso - necessitano competenze tecniche e manageriali per governare strategie di innovazione complesse e ci sono divari di cui tener conto per sostenere e aiutare le imprese”. Secondo il ministro, “servono soluzioni adatte a sostenere il grande capitale familiare italiano, chiamato ad arricchirsi di maggiori competenze. Le imprese familiari, infatti, investono meno delle altre in formazione, e per quelle più piccole la forbice si amplia ulteriormente”. “Le imprese familiari sono la spina dorsale del nostro Paese e il loro numero in Italia è molto alto. Allo stesso tempo, questo tipo di imprese sono connotate da solidità, ma quelle che si aprono al management esterno hanno più successo”. Così Andrea Prete, presidente di Unioncamere, durante l’evento “Capitale umano e strategie nelle imprese familiari”, il 22 settembre a Roma. “Ci sono tre cose - ha aggiunto - da tenere presente: le imprese familiari sono più predisposte, nella percentuale totale delle imprese, verso le transizioni, sia ecologica sia digitale; elemento fondamentale è, però, il plus del capitale umano”. “Se nell’impresa familiare viene accettato il manager esterno, quelle imprese oggettivamente vanno meglio - ha chiosato Prete - rispetto a quelle restie ad aprirsi verso un aiuto esterno”. Nella ricerca di questo capitale umano, però, come evidenzia il presidente Unioncamere, “emerge forte il tema delle competenze, che oggi scarseggiano. Le motivazioni sono disparate, dal disallineamento formativo alla fuga di cervelli”. “Tema principale da mettere a fuoco - ha evidenziato Giuseppe Tripoli, segretario generale Unioncamere - è che un’impresa per stare sul mercato deve fare qualcosa, ma bisogna considerare anche il capitale umano, le persone, dando densità ad un elemento essenziale dell’impresa stessa”. “Risulta fondamentale investire nella formazione e creare competenze - ha sottolineato il presidente del Centro Studi Tagliacarne, Giuseppe Molinari -. Le imprese familiari rappresentano l’89% del tessuto economico produttivo italiano e hanno dimostrato di essere un motore di sviluppo essenziale per il Paese. Per favorirne la crescita è necessario evidenziarne le criticità, ad oggi presenti soprattutto nel campo della formazione, non sentita da tutte le imprese, principalmente tra le familiari”. “La valorizzazione del capitale umano è oggi la vera sfida competitiva per le imprese familiari”, ha evidenziato Marco Vergeat, Presidente di ASFOR, secondo cui la formazione deve “aiutare le persone e le aziende ad adattarsi di più e meglio a una realtà sempre più complessa, senza perdere di vista il proprio ruolo trasformativo per fare crescere l’eccellenza e l’innovazione”. “In una competizione globale - ha sostenuto Federico Visentin, Presidente di CUOA Business School - per le imprese crescere è l’unico modo per fare un salto di qualità, che veda l’Italia come sistema economico ancora più competitivo sui mercati internazionali”.