Due società di food delivery, Deliveroo Italy e Uber Eats Italy, dovranno versare i contributi all’Inps per migliaia di rider. A stabilirlo la sezione lavoro del Tribunale di Milano, pronunciandosi in due cause che le stesse aziende avevano intentato contro l’Inps. Ai rider, secondo i giudici, va applicata “la disciplina del lavoro subordinato”. “La sentenza conferma che per i rider e per i lavoratori delle piattaforme esiste un vuoto normativo che impedisce il riconoscimento delle tutele essenziali per chi opera in quest’ambito.

Riprendiamo il lavoro che avevamo iniziato con lo scorso governo, interrotto dalla fine anticipata della legislatura, per disciplinare e per riconoscere tali diritti – afferma il deputato Pd ed ex ministro del Lavoro, Andrea Orlando - Per questo motivo ripresenterò la prossima settima quell’elaborato, che partiva dall’ipotesi di direttiva avanzata dalla Commissione Europea, come proposta di legge in Parlamento. È una battaglia che deve caratterizzare il nostro impegno proprio mentre il governo in carica ha fatto fare dei passi indietro alla normativa in materia, si pensi alla cancellazione del diritto di accesso all’algoritmo realizzato dal cosiddetto decreto primo maggio. C'è da dire che nel frattempo ci sono alcune aziende che hanno, seguendo un altro approccio, riconosciuto queste forme di lavoro come lavoro subordinato e sono realtà che vanno incoraggiate e raccontate. Anche i consumatori devono sapere e quindi poter scegliere tra chi garantisce forme di lavoro dignitose e chi sfrutta. Allo stesso modo è necessario denunciare le organizzazioni sindacali che con accordi discutibili coprono queste forme di sfruttamento". Sulla stessa linea la responsabile lavoro dei dem, Maria Cecilia Guerra: “Le due sentenze del Tribunale di Milano, che hanno stabilito che Deliveroo e Uber dovranno versare all’Inps i contributi per migliaia di rider, perché non hanno lavorato come autonomi ma come collaboratori coordinati e continuativi, ci dicono tre cose importanti: 1) è urgente sfoltire la giungla dei contratti, evitando che l’uno o l’altro siano usati impropriamente per privare i lavoratori di tutele e diritti, e della giusta retribuzione. 2) Ci vuole una disciplina specifica per i rider: le imprese che agiscono più seriamente, assumendo questi lavoratori come dipendenti, sono esposte a una concorrenza sleale da parte di chi non lo fa. 3) Come nel caso del salario minimo, non intervenire con le norme per ripristinare una situazione di maggiore giustizia sul mercato del lavoro significa affidare questo compito alla magistratura, che, per fortuna, non si tira indietro".