È morto il 29 novembre Henry Kissinger, ex segretario di Stato americano e consigliere per la sicurezza nazionale che fuggì in gioventù dalla Germania nazista, profugo ebreo, per diventare una delle figure di politica estera più influenti e controverse della storia americana. Aveva 100 anni. Definito in Europa il “Machiavelli degli Stati Uniti” Kissinger era sinonimo della politica estera americana negli anni ’70. Suo il lavoro di disgelo nei rapporti con l’Unione Sovietica e la Cina comunista, sotto il presidente degli Stati Uniti Nixon.

In Medio Oriente perseguì quella che divenne nota come “diplomazia dello shuttle” per separare le forze israeliane da quelle arabe dopo le conseguenze della guerra dello Yom Kippur del 1973. Il suo approccio di “distensione” alle relazioni Usa-Unione Sovietica, che portò a numerosi accordi sul controllo degli armamenti, guidò in gran parte la posizione degli Stati Uniti fino all’era Reagan. Tuttavia molti membri del Congresso si opposero alla segretezza dell’approccio Nixon-Kissinger alla politica estera, e gli attivisti per i diritti umani attaccarono quella che consideravano la negligenza di Kissinger nei confronti dei diritti umani in altri Paesi. Ricevette il Premio Nobel per la Pace nel 1973 per aver contribuito alla fine della guerra  del Vietnam. Con una decisione molto controversa condivise il Premio con il suo omologo nordvietnamita Le Duc Tho che, citando l'assenza di una vera pace in Vietnam, rifiutò di accettare e due membri del comitato per il Nobel si dimisero per protestare. Come ricorda la Cnn, che gli ha dedicato un lungo ritratto, nessuna questione ha complicato l’eredità di Kissinger quanto la guerra del Vietnam. Quando Nixon entrò in carica nel 1969 – dopo aver promesso un “piano segreto” per porre fine alla guerra – circa 30.000 americani erano stati uccisi nel Paese asiatico. Nonostante gli sforzi per trasferire maggiori responsabilità al governo del Vietnam del Sud, il coinvolgimento americano persistette durante tutta l’amministrazione Nixon – i critici accusarono Nixon e Kissinger di espandere inutilmente la guerra – e l’impegno degli Stati Uniti alla fine si concluse con la caduta di Saigon nel 1975 e la perdita di oltre 58.000 vite americane. Inoltre fini sotto accusa per il bombardamento della Cambogia che portò all’ascesa del regime genocida dei Khmer rossi oltre che per il suo sostegno al golpe in Cile.  Dopo le dimissioni di Nixon per lo scandalo Watergate, Kissinger continuò come segretario di Stato sotto il presidente Gerald Ford, ma i suoi ultimi anni al governo furono segnati dalla frustrazione. I conservatori all’interno del Partito Repubblicano si opposero al suo approccio di “distensione” con l’Unione Sovietica, e il Vietnam del Sud fu invaso dal Vietnam del Nord comunista nel 1975, nonostante i precedenti accordi di pace. La sua era come “architetto di grande potere della politica estera statunitense”, ricorda la Cnn, tramontò con il declino di Nixon ma dopo aver lasciato il Dipartimento di Stato nel 1977 divenne un prolifico autore ed un consulente internazionale. Tornò brevemente al governo nel 2002, quando il presidente George W. Bush nominò Kissinger a guidare una commissione che indagava sugli eventi che portarono agli attacchi terroristici dell'11 settembre. Ma si dimise appena un mese dopo a causa delle domande su potenziali conflitti di interessi.   “Un’eredità che riverbera ancora nella politica americana” sottolinea la Cnn. “I suoi scritti e i suoi consigli sulla geopolitica sono rimasti una lettura obbligata nella comunità di politica estera negli Stati Uniti e all’estero, anche se i suoi detrattori sono rimasti altrettanto critici”.  “Per negoziare bisogna comprendere la percezione dell’altra parte del mondo. E devono capire la nostra percezione. E deve esserci una decisione da entrambe le parti che cercheranno di conciliare queste differenze” disse alla Cnn in una intervista del 2008. “Henry Kissinger è stato un punto di riferimento della politica strategica e della diplomazia mondiale. È stato un privilegio aver avuto, di recente, la possibilità di confrontarmi con lui sui vari temi all'ordine del giorno dell'agenda internazionale. La sua scomparsa ci rattrista ed esprimo il mio cordoglio personale e del Governo italiano alla sua famiglia e ai suoi cari” afferma il presidente del Consiglio, Giorgia Meloni.