L’Islanda ha celebrato il 24 ottobre una pietra miliare della sua storia recente, commemorando lo sciopero delle donne del 1975, un evento che segnò un punto di svolta nella lotta nazionale per l’uguaglianza di genere: non solo una celebrazione per rendere omaggio al passato, ma anche un giorno di lotta per affrontare le attuali questioni, per contrastare il gender pay gap e la violenza di genere. Per queste ragioni le donne e le persone non binarie del paese nordico hanno incrociato le braccia, comprese le casalinghe che per un giorno – nominato “Kvennafrì'”, ovvero “giorno libero delle donne” – si sono astenute dalle faccende domestiche.

Lo sciopero ha avuto un impatto considerevole sui servizi pubblici, mentre nel settore del welfare sono state adottate delle misure affinché i servizi essenziali non venissero compromessi. Giorni fa la stessa prima ministra, Katrín Jakobsdóttir, aveva annunciato la propria adesione all’iniziativa, affermando che il 24 ottobre non avrebbe lavorato e non avrebbe convocato una riunione di gabinetto, aspettandosi che anche le ministre del suo governo facessero altrettanto. La premier ha sottolineato come ci sia ancora molta strada da fare per raggiungere l'obiettivo della parità retributiva tra i sessi. “Lo faccio innanzitutto per dimostrare solidarietà alle donne islandesi. Come sapete, non abbiamo ancora raggiunto i nostri obiettivi di piena uguaglianza di genere e stiamo ancora affrontando il divario salariale basato sul genere, che è inaccettabile nel 2023. Stiamo ancora affrontando la violenza di genere, che è una priorità per il mio governo".  L’Islanda, nota per la sua posizione progressista sull’uguaglianza di genere, ha una storia straordinaria di donne pioniere in ruoli di leadership. Il paese vanta con orgoglio il primato della prima donna capo di Stato al mondo, Vigdís Finnbogadóttir, in carica dal 1980 al 1996. La sua elezione è stata un momento storico che ha stabilito un precedente per l’uguaglianza di genere in politica. Oltre a questo risultato, l'Islanda è stata anche il primo paese ad avere un primo ministro donna apertamente gay, Jóhanna Siguroardóttir, in carica dal 2009 al 2013. Il mandato di Siguroardóttir è stato caratterizzato dalla sua difesa dei diritti LGBTQ+, consolidando ulteriormente la reputazione dell'Islanda come paese progressista e inclusivo. Nonostante questo, c’è un ulteriore obiettivo da raggiungere, quello di superare un divario salariale di genere pari al 21 per cento. “Si parla dell’Islanda come se fosse un paradiso per l’uguaglianza - ha detto al New York Times Freyja Steingrímsdóttir, una delle organizzatrici dello sciopero - Ma un paradiso dell’uguaglianza non dovrebbe avere un divario salariale del 21% e un 40% di donne che subiscono violenza sessuale o di genere nel corso della loro vita. Non è questo ciò per cui le donne di tutto il mondo si battono”. “Lo sciopero delle donne islandesi contro la violenza di genere e il divario retributivo conferma come, anche nei paesi più emancipati e dove il divario tra donne e uomini è meno marcato che altrove, c’è ancora tanto da lavorare per un’effettiva parità di genere. Ammiriamo il coraggio e la determinazione di queste donne e ci uniamo alla loro protesta” commenta dall’Italia Lella Golfo, presidente della Fondazione Marisa Bellisario, nonché ex deputata e madrina della legge del 2011 sulle quote di genere nei consigli di amministrazione delle società quotate e controllate.