il rinvio delle elezioni dei COMITES
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Una voce nel deserto. Il Consiglio generale degli italiani all’estero non molla e a due giorni dal 3 settembre, giorno in cui verranno emessi i decreti di indizione delle elezioni dei Comites previste il 3 dicembre, torna a chiederne il rinvio alla luce delle difficoltà dovute alla pandemia, ma non solo. In una conferenza stampa convocata questo pomeriggio online, il segretario generale Michele Schiavone, insieme ai vice segretari d’area – Gazzola, Maggio, Ricci e Mangione - al presidente della Commissione Informazione Cretti, ha voluto richiamare ancora una volta “Governo, Ministeri degli esteri e dell’interno sulla opportunità di tenere queste elezioni”. Governo e Ministeri che, però, tirano dritti per la loro strada: la tabella di marcia prevede il 3 settembre i decreti di indizione delle elezioni di 126 Comites: 110 da rinnovare e 16 di prima costituzione, nelle circoscrizioni consolari che oggi registrano almeno 3000 italiani iscritti all’Aire.
“La fase preparatoria è iniziata in maniera blanda”, ha detto Schiavone, citando le informazioni veicolate sui social dalla rete diplomatica e dagli stessi Comitati. Le liste andranno presentate entro il 3 ottobre; entro il 3 novembre i connazionali che vorranno votare dovranno esercitare la cosiddetta opzione, cioè iscriversi nei registri degli elettori. “Oggi vogliamo informare non solo sullo stato in cui versa la rete diplomatico - consolare che sta organizzando queste elezioni, ma anche sullo stato in cui vivono alcune comunità”, ha spiegato Schiavone citando in particolare le ultime due comunicazioni ricevute dall’Australia – dove l’Intercomites ha confermato il nuovo lockdown – e dall’Uruguay. “A differenza delle più rosee previsioni del Maeci, c’è una recrudescenza del virus che mette in discussione la partecipazione attiva e democratica” alle elezioni “e il prosieguo della competizione elettorale. Da quasi un anno il Cgie ne parla perché il rischio è che in tanti Paesi e Continenti risalgano contagi; anche in Europa ci sono rigurgiti e ancora non sono ricominciate le scuole”. Il rischio sanitario causerà “una partecipazione ridottissima” a queste elezioni, perché si somma a difficoltà tecniche e organizzative, ha ribadito ancora il Segretario generale. “In passato tutte le nostre proposte e i nostri pareri sono stati accolti nelle dovute maniere, stavolta no”. Con un rinvio di pochi mesi si potrebbe “favorire più partecipazione” e ci sarebbe “tempo per riscrivere le regole per ripartire insieme al Paese, dando al tempo stesso più credibilità ai futuri Comites e Cgie”. Tempo che potrebbe servire anche a trovare più risorse per le elezioni, visto che “gli 8 milioni a disposizione di questo voto non bastano per coinvolgere tutti gli elettori”, così come è insufficiente “il milione assegnato alla sperimentazione del voto elettronico”. Senza dimenticare che “Fast it non funziona ovunque” e che, ad oggi, “il modo migliore per esercitare l’opzione resta l’invio per posta e email del modulo cartaceo”. Tutte criticità che si rifletteranno sul voto e, quindi, sulla credibilità dei nuovi Comites, ha ribadito Schiavone. Certo è, ha assicurato, che il Cgie in ogni caso “sosterrà gli organizzatori e le istituzioni che promuovono le elezioni: nel percorso verso il 3 dicembre, consiglieri e presidenti uscenti dei Comites non faranno mancare il loro impegno”. Vice segretario per il Sud America, Mariano Gazzola ha sostenuto che “i problemi esistono” ma che il covid c’entra poco. L’anello debole di questo voto è la mancanza di personale nella rete consolare: “in Sud America in questi mesi sono state riaperte diverse attività in presenza; da questo lunedì la PA argentina ha ripreso al 100% in presenza, mentre i consolati lavorano anche con la turnazione e la comunità fatica a capire. C’è per caso una “variante Farnesina” che colpisce solo il personale consolare?”, si è chiesto tra il polemico e lo sfiduciato Gazzola. “La campagna informativa è insufficiente, il personale è carente, i tempi sono ridotti e i soldi sono pochi: tutti problemi veri, che esistono da ben prima del covid e che esisteranno anche dopo”. Quindi “il rinvio del voto di qualche mese sarebbe utile per alcune realtà, forse, ma per tutti gli altri ci sarebbero gli stessi problemi” primo tra tutti “la mancanza di personale”. Anche le semplificazioni approvate di recente per la presentazione delle liste, ha aggiunto, “non hanno a che fare col covid, ma al fatto che c’è poco personale consolare che se si mette a controllare le firme per certificarle non riuscirebbe a fare altro. Sono come sempre soluzioni al ribasso”, l’accusa di Gazzola, che ha ricordato anche il rinvio del concorso per l’assunzione di personale alla Farnesina: “forse troveremo il bando nella Gazzetta ufficiale del 10 settembre”, ha anticipato il vice segretario che ha indirizzato l’ultimo affondo ai sistemi Prenot@mi e Fast it che “non sembrano sistemi informatici di un Paese europeo ma degli Antenati. Dice bene Schiavone: esercitare l’opzione con Fast it è impossibile, ma nonostante questo i consolati insistono nel promuoverlo. Se la percentuale dei votanti sarà minima non avrà niente a che vedere con la partecipazione e l’impegno, ma – ha concluso – con un sistema che non funziona”. D’accordo con Gazzola anche Pino Maggio, vice segretario per l’Europa e il Nord Africa: “gli italiani all’estero hanno diritto di eleggere le proprie rappresentanze attraverso sistemi congrui, non esperimenti”. Il Cgie, ha ricordato, “ha detto più volte che questo sistema non è compatibile” con l’esercizio democratico del voto, senza contare che “partire dal punto di vista economico fa venire meno di per sé una parte di democrazia”. Negli anni “abbiamo presentato proposte per riformare” questi organismi, “ma non ci hanno ascoltato. Alla fine queste elezioni ci porteranno indietro di 40 anni, quando i comitati venivano nominati dai Consolati”. Di passo indietro, anzi vero e proprio immobilismo, ha parlato anche Rodolfo Ricci, vicesegretario di nomina governativa: “questa è una stagione di resoconti per noi, dopo anni di lavoro molto intenso, e le somme confermano disattenzione e ampia insensibilità di politica e istituzioni. Dopo la stagione che portò alle leggi istitutivi di Comites e Cgie, siamo sprofondati in uno stato di perdita di memoria assoluta di ciò che sono gli italiani nel mondo, e proprio negli anni in cui il loro numero raddoppiava”. “Questa ultima, scarsissima considerazione di tutti i nostri appelli per il rinvio del voto segue molte altre cose” a cominciare dalla “totale mancanza di considerazione per le due proposte di riforma del Cgie, incentivate dal Governo di 5 anni fa”. È seguito il taglio dei parlamentari, i servizi consolari a singhiozzo anche in sedi insospettabili come Francoforte e la mancata considerazione dei problemi che avrebbero avuto i connazionali con rientri, vaccini e green pass. Insomma, per Ricci “siamo figli di un Dio molto minore”. Dal voto, ha concluso, “emergerà una caduta di interesse e di entusiasmo. Politica e istituzioni avranno qualcosa su cui riflettere”, se lo vorranno. Quella che inizierà il 3 settembre, ha detto Silvana Mangione, vice segretario per i Paesi anglofoni extra Ue, è “una marcia verso la totale delegittimazione dei Comites e delle loro attività”. “Basta con questa mistificazione di elezioni che si tengono 3 dicembre! Le elezioni si concludono il 3 dicembre: le due date vere, in cui si stabilisce vittoria o sconfitta di questo tentativo, sono il 3 ottobre, termine ultimo per la presentazione delle liste, e il 3 novembre, scadenza per l’esercizio delle opzioni” una procedura “antidemocratica, usata solo per i Comites”. La prima scadenza - 3 ottobre - è un “totale pericolo” perché, ha spiegato, ora le sottoscrizioni delle liste non vengono autentificate dai consolari, un passaggio con cui “veniva controllata l’iscrizione del firmatario all’Aire: ora questo passaggio verrà fatto dopo. Mi chiedo: non essendoci personale sufficiente come faranno i funzionari a controllare le iscrizioni Aire dei firmatari? Cosa faranno i presentatori di lista? Raccoglieranno 500 firme per esseri sicuri? È una marcia verso la totale delegittimazione dei Comites e della loro attività. Si delegittima la voce delle comunità e quindi anche del Cgie, che viene eletto da un’assemblea elettorale formata da Comites e associazioni”. Ora, “9 milioni di euro”, cioè gli 8 per le elezioni e l’1 per il voto elettronico, “sono più utili all’Italia che sta uscendo dalla pandemia”, ha aggiunto Mangione che tra le criticità più evidenti ha segnalato anche “le dimensioni territoriale di alcuni Paesi” che ostacola la registrazione dell’opzione, così come la considerazione che “non dappertutto le poste funzionano come in Europa o in Nord America”. Sul fronte informativo, Mangione ha segnalato alcune “bizzarre” definizioni delle funzioni dei comitati veicolate dai Consolati: “nel sito di un consolato ho trovato scritto che i Comites hanno il compito di impegnarsi per l’integrazione della nuova mobilità, assistendola per i contratti di affitto, l’iscrizione a scuola e informazioni sulle pensioni. Ora, è vero che nelle nostre proposte di riforma prevediamo anche questa funzione di “centro informazione”, una sorta di Ombudsman, ma non certo sussidiaria non solo al Consolato ma anche ai patronati! I consiglieri non sono obbligati ad essere esperti di previdenza. La rappresentanza significa altro”. “Andreotti diceva “a pensar male si fa peccato ma quasi sempre si indovina”. Stiamo cominciando a pensar male tutti quanti. Qualcuno desidera tornare ai CoCoCo, i Comitati Consultivi Consolari nominati dai consoli. A questo mi ribello”, ha concluso. “A chi ci accusa di essere attaccati alla poltrona ricordo che se non ci fosse il Covid saremmo tutti a Roma sia per dimetterci che protestare davanti a Palazzo Chigi”. A fare il punto sulla comunicazione in vista delle elezioni è stato Giangi Cretti, presidente della I Commissione del Cgie: “alla luce dello scenario tratteggiato da voi, siamo consapevoli che fare comunicazione sia una sorta di pia illusione. Il nostro è più un tentativo di limitare i danni, un’azione-tampone per far sì che qualcosa si faccia”. La Commissione, ha spiegato, “ha limitato i danni, evitando una campagna che avrebbe creato una situazione inaccettabile: pensata e voluta dalle istituzioni, attuata da una società privata che sarebbe entrata in possesso degli indirizzi email di milioni di potenziali elettori italiani”. Per il resto “c’è una comunicazione istituzionale che è inadeguata: non c’è sintonia di contenuti, ma neanche sincronicità, con le Ambasciate che rimandano ai consolari e viceversa”. In più “i sistemi informatici non funzionano”. Quindi “è difficile immaginare di fare una campagna di comunicazione seria”. Per Cretti è anche “inconcepibile dover spiegare alle persone che hanno “il diritto di chiedere di esercitare un diritto”. Un diritto non lo devi chiedere”, ha sottolineato, riferendosi all’esercizio dell’opzione. “Il potenziale elettore di fronte all’opzione pensa che quelle dei Comites siano elezioni di terzo livello e quindi è difficile fargli capire l’importanza dell’organismo”. Tornando al “limitare i danni”, la commissione informazione, ma non solo, è già a lavoro “per fare in modo di veicolare le informazioni istituzionali: un progetto già in fase operativa coinvolge la Commissione settima per le nuove mobilità, che ha preparato delle schede informative da questa settimana sui canali social e istituzionali del Seminario di Palermo e preso anche del Cgie”. Il Consiglio generale, infatti, “a partire dalle prossime ore avrà un nuovo sito attraverso cui faremo in modo di informare i connazionali in modo adeguato”. Contrari al voto, ma consapevoli che il voto ci sarà, i consiglieri sono pronti a fare la loro parte: “in un altro momento storico questo Cgie si sarebbe dimesso ma i tempi non ce lo permettono”, ha ribadito Michele Schiavone. Il Consiglio generale “continuerà a svolgere i propri compiti e le proprie funzioni nel miglior modo possibile, con spirito propositivo. Il momento è cruciale, per questo chiediamo al Governo, che ancora oggi non ha mandato alcun segnale, di rispondere alle nostre domande”.